Mandello del Lario (Lecco), 30 novembre 2020 - Fuga dalla pianura e dalla città. In molti guardano in alto, alle montagne, con l’idea di rifarsi una vita a contatto con la natura, lontano dal caos, prendendo in gestione un rifugio. Quella del “capanatt”, ovvero del rifugista, è sempre stata quasi una vocazione proprio perché certe strutture, incastonate nei luoghi più belli e aspri delle Alpi e degli Appennini, alcuni a quote elevate, rappresentano prima di tutto presidio di salvezza per chi si trova a frequentare certi ambienti.
Figure come quella di Giulio Fiorelli o Enrico Lenatti sono diventate mitiche quasi quanto gli alpinisti che hanno frequentato le pareti del Masino e della Valmalenco. Ma quella di chi abita e lavora in quota è soprattutto una vita di sacrifici. Se non altro perché è anzitutto la natura a decidere come si deve operare, come ci si deve comportare. Nonostante ciò negli ultimi anni l’interesse verso questa professione è cresciuto in modo esponenziale tanto che la Regione Lombardia quest’anno ha deciso di creare addirittura un corso di formazione per gestori di rifugi alpini. "Un corso fortemente voluto dalle associazioni che dà il via alla nascita di un profilo professionale che accerti l’attività di rifugista, come prezioso e discreto custode della montagna", spiega l’assessore regionale Massimo Sertori.
"Personalmente volevo vivere in mezzo alla natura. Vivere relazioni umane vere, discostate dalla società dell’apparire che adesso va tanto di moda. Poi scopri che non è così facile nemmeno qui ma vivere in mezzo alla natura cambia il modo di pensare", commenta Elena Cosmo, 39 anni, originaria di Desio. Violinista, per anni ha suonato in giro per l’Italia e per il mondo, fino a quando ha scelto di trasferirsi in Valsassina per trasformare in lavoro la sua passione per la montagna e la natura. Dopo aver lavorato in diversi rifugi delle Grigne e del territorio, da qualche anno accoglie con il suo sorriso gli escursionisti che raggiungono il rifugio Elisa, sul versante occidentale del Grignone, ai piedi del Sasso Cavallo e del Sasso dei Carbonari a 1.515 metri d’altezza.
"L’anno prossimo il rifugio Elisa chiuderà per ristrutturazione – spiega - e con altri due compagni, Alberto Vitali di Mandello e Stefano Rimoldi di Pasturo ci occuperemo del rifugio Omio, a 2.100 metri in Val Masino, che abbiamo già gestito quest’anno. Parteciperemo al corso perché è necessario anche per alcune questioni burocratiche. È una iniziativa utile ma chi si avvicina per la prima volta a questa professione deve sapere che non è tutto così idilliaco. Può essere un primo passo. Ci vuole prima di tutto una grandissima passione. Anche in questo momento così difficile ad esempio io salgo ad aprire il rifugio anche solo per coloro che vivono in zona. Il rifugio è un presidio, un punto di riferimento anche per chi ha solo bisogno di qualcosa di caldo da bere. Non mi sembra giusto tenere chiuso".
La Regione ha deciso che fra i requisiti necessari per gestire una capanna alpina sia necessario anche un percorso formativo. "Negli ultimi anni l’attenzione verso la montagna è cresciuta molto - continua Stefano Rimoldi -. Spero che il corso serva anche a far capire alle persone che è un lavoro durissimo. Sarebbe meglio affrontare un’esperienza lavorativa affiancando qualcuno in un rifugio. Chi si lancia in questa avventura deve sapere che dovrà farsi un mazzo così".