Oggiono, 28 agosto 2012 - Alla soglia dei quarantasei anni si appresta a ad affrontare la sua terza Paralimpiade (ha partecipato a Torino 2006 nello sci nordico e Pechino 2008 nel "doppio" del canottaggio), ma non dategli del "vecchietto" perchè non ha nessuna intenzione di fare da comparsa.
Daniele Stefanoni, classe 1966, nel 1987 è stato vittima di un incidente sul lavoro che gli ha cambiato per sempre la vita. La caviglia e la gamba sinistra di Daniele non sono più come prima, è limitato nei suoi movimenti e fa fatica a muoversi. Queste non sono le uniche conseguenze perchè dall'orecchio sinistro è rimasto sordo e nell'occhio sinistro è cieco. Nonostante ciò Daniele non si è dato per perso e ha dato tutto se stesso nello sport.
Stefanoni, quando ha iniziato a fare sport? «Passati 4 anni dall'incidente ho ripreso a fare sport. Ho incominciato con il ciclismo e dopo un po' di anni, nel 2004, ho scoperto gli sport paralimpici. Li mi sono innamorato dello sci nordico e sono riuscito a fare anche i Giochi invernali di Torino 2006. Dopo quell'esperienza mi sono dato al canottaggio».
Come mai è passato da uno sport come lo sci nordico al canottaggio? Sono due sport diversi.. «Sinceramente mi piace di più lo sci nordico, ma per la mia disabilità, lo sport dove mi esprimo meglio e rendo di più è il "doppio" nel canottaggio. In barca devo usare solo la parte superiore del corpo e le mie povere gambe martoriate non mi servono».
Come si sta preparando per le Paralimpiadi? «Mi alleno due volte al giorno. Svolgo una seduta al mattino e un'altra il pomeriggio. Da metà giugno siamo al centro federale di Gavirate e li non ci siamo risparmiati con il lavoro. Ci siamo allenati duramente per essere al massimo alle batterie del 31 agosto nelle acque del Dorney Lake di Eton. Per quanto riguarda il regime alimentare ho delle linee guida, ma comunque mangio un pò di tutto tranne i cibi fritti e quelli grassi».
A Pechino era debuttante, mentre adesso a Londra si appresta a svolgere la sua seconda Paralimpiade (estiva), che sensazioni ha? «Nel 2008 ero emozionatissimo, per me Pechino era un'avventura. Avevo iniziato il canottaggio l'anno precendente ed essere arrivato li era già un risultato. Adesso sono più teso, perchè ormai sono cinque anni che remo e sono consapevole dei miei mezzi e di quello che posso dare».
Si sente da medaglia? «L'obiettivo è quello. Ai Campionati del Mondo dell'anno scorso siamo arrivati 5°e avevamo dei secondi di ritardo rispetti ai primi, ma adesso abbiamo recuperato e il cronometro ci da ragione. I tempi buoni fanno ben sperare e io e Silvia (sua compagna di squadra nel "doppio misto") siamo ottimisti».
A chi dedicherebbe la vittoria a Londra? «A me stesso per tutti i sacrifici che ho fatto in questi anni. La medaglia sarebbe una mia soddisfazione personale perchè me la sarei guadagnata per tutto l'impegno che ci ho messo. Quando mi chiedono: "Che lavoro fai?", io rispondo sempre: "Sto lavorando per il mio paese", infatti quando gareggio rappresento l'Italia e ne vado fiero».
Cosa ne pensa del caso "Macchi"? «Se fosse vero quello che ha fatto, sarebbe una brutta cosa per il mondo dello sport. Da quando io sono in questo settore, ne hanno beccati tanti, ma mai nessuno ha ammesso di aver fatto uso di queste sostanze proibite e spesso se la sono cavata con (al massimo) 2 anni di squalificata, per poi di nuovo tornare a gareggiare come se non fosse mai successo nulla. Se fosse per me, se uno viene beccatto che si "dopa", non dovrebbe mai più gareggiare. E' una questione di correttezza e rispetto morale verso gli altri altleti onesti. Sport e lealtà devono viaggiare sullo stesso binario».
Londra...e poi Rio de Janeiro, la vedremo anche li? «Non lo so, non ci ho ancora pensato. A Pechino quando mi avevano chiesto se fossi andato a Londra, non avevo avuto dubbi ed ero sicuro che avrei partecipato ai giochi d'Oltremanica. Adesso la voglia di allenarsi e gareggiare c'è ancora, ma bisogna vedere se il fisico risponde ancora, sa ho 46 anni, mica 20. Ora pensiamo a questa Paralimpiade e poi vedremò».
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