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"La 'ndrangheta non è morta": 11 arresti legati alla locale di Legnano-Lonate Pozzolo

Ordinanze cautelari eseguite in mattinata dai carabinieri, coordinati dalla Dda. Indagati due vigili e un funzionario Anas

Reparti speciali dei carabinieri

Reparti speciali dei carabinieri

Legnano (Milano), 3 settembre 2020 - Sono ritenuti responsabili di corruzione, estorsione, rapina, spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi da fuoco clandestine ed alterate, tra cui un potente esplosivo, incendio doloso, minaccia aggravata, favoreggiamento personale, gli 11 soggetti raggiunti questa mattina da un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, eseguita nelle Province di Milano, Varese, Pavia e Reggio Calabria, dai carabinieri del Comando provinciale e del reparto anticrimine di Milano, con il supporto di unità speciali, cinofile ed elicotteri. Condotte tutte aggravate dal «metodo mafioso» perché commesse - si legge nella nota dei carabinieri - per agevolare le attività consortili della locale di 'ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo.

L'attività, coordinata dalla Dda di Milano, è la naturale prosecuzione dell'operazione «KriMIsa» dell'aprile 2017, culminata nell'esecuzione di 34 provvedimenti cautelari restrittivi eseguiti nel luglio 2019, «nell'ambito della quale era stato cristallizzato l'avvio del processo di ridefinizione degli assetti organizzativi delle famiglie di 'ndrangheta componenti la locale di Legnano-Lonate Pozzolo, collegata alla cosca Farao-Marincola egemone in Cirò Marina e la ricostituzione della locale stessa, nonché la ramificata infiltrazione negli apparati istituzionali locali ed il condizionamento delle ultime elezioni amministrative nel Comune di Lonate Pozzolo. In quel contesto era peraltro stato arrestato un consigliere cmunale di Ferno, intraneo alla cosca. Erano altresì emersi rapporti diretti tra esponenti di spicco della consorteria mafiosa e vari funzionari amministrativi locali». 

Tra gli indagati dell'inchiesta attuale, invece, ci sono anche un funzionario Anas e due ufficiali della polizia locale dei comuni di Ferno e Lonate Pozzolo. Le indagini, infatti, hanno documentato "rapporti e condotte illecite di due ufficiali della polizia locale dell'Unione dei Comuni di Ferno e Lonate Pozzolo (indagati ma non destinatari di provvedimenti coercitivi)". Avrebbero favorito un esponente dell'associazione mafiosa con la rivelazione di controlli ispettivi ai cantieri, e sono ancora in corso le attività di perquisizione a carico degli indagati. Il funzionario Anas, invece, intervenuto in un cantiere di Vanzaghello dell'impresa riconducibile ad uno dei sodali della cosca, pur accertando l'assenza dei permessi necessari all'occupazione della carreggiata, avrebbe prima redatto i verbali di accertamento e poi, in seguito all'intervento dell'affiliato, li avrebbe annullati. Il geometra si sarebbe poi messo a completa disposizione per garantire il completamento dei lavori. A fronte della propria condotta corruttiva, il funzionario avrebbe anche accettato dall'appartenente alla cosca la promessa della donazione di un escavatore.

Nell'inchiesta della Dda di Milano, è stata ricostruita l'attività di favoreggiamento a favore dell'associazione mafiosa commessa anche da un consulente esterno della Procura di Busto Arsizio, già colpito da provvedimento cautelare il 4 luglio 2019 per altri reati. L'indagato era titolare di un'agenzia investigativa con cui faceva il consulente tecnico dell'ufficio giudiziario varesino, ma faceva anche ''bonifiche'' a favore di un autorevole esponente della locale di ''Legnano-Lonate Pozzolo'' per il rintraccio di microspie, gps e telecamere installate dalla polizia. Forniva periodicamente informazioni su indagini in corso ed indicazioni tecniche e cautele da adottare per eludere le attività investigative.

E' stata ricostruita, nelle indagini, anche una violenta estorsione a Malta nel gennaio 2020 da parte di un gruppo di indagati diretta espressione della famiglia di Vincenzo Rispoli, "storico capo della locale di Legnano - Lonate Pozzolo", spiegano i carabinieri. Un imprenditore per cui alcuni indagati avevano lavorato in nero era stato selvaggiamente picchiato per non aver pagato quanto concordato. L'estrema violenza a Malta serviva non soltanto a punire l'imprenditore inadempiente ma a confermare, anche in territorio straniero, che "la 'ndrangheta non è morta", come uno degli stessi indagati avrebbe ribadito nel corso di una conversazione intercettata. Le numerose risultanze raccolte in fase investigativa hanno confermatom ancora una volta, la piena ed attuale operatività della Locale ''Legnano-Lonate Pozzolo''.