
Infermiera (foto di repertorio)
Legnano (Milano) 14 marzo 2020 - Due facce della stessa medaglia, radicalmente diverse: un’infermiera si presenta alla rsa della fondazione Sant’Erasmo e chiede di poter aiutare, domanda di poter lavorare in queste settimane per portare il proprio contributo in una situazione che ha avvertito come problematica, di crisi. Più o meno nella stessa giornata, un’operatrice della struttura legnanese, nella quale sono stati rilevati quattro casi di positività al Sars-cov2, decide che non è il caso di andare avanti e, spaventata dalla situazione, presenta le dimissioni: meglio cercare lavoro da un’altra parte, che possa garantire meno rischi.
Ennesima puntata nella vicenda della rsa legnanese che ha fatto registrare - o quantomeno ha reso noto - i primi casi di contagio. L’infermiera, che preferisce non venga resa nota la sua identità, si è presentata alla rsa legnanese evidentemente informata di quello che sta accadendo in questa struttura. Spaventata? Per nulla: in passato ne ha viste tante, compreso il contagio da ebola in Sierra Leone, vissuto in prima persona come operatrice. Sa bene che il Covid-19 non è «una semplice influenza», ma sa con altrettanta certezza che la professionalità acquisita non deve farle temere nulla. E dunque non impiega troppo tempo, se non quello necessario per verificare il quando: entrerà in servizio già da oggi, andando a coprire turni magari svuotati dalle assenze dei giorni scorsi.
Tutto questo in cambio di cosa? Dal punto di vista meramente economico, di nulla: l’infermiera ha infatti deciso di lavorare gratuitamente, in forma totalmente volontaria. Più o meno nelle stesse ore c’è anche chi, invece, decide che lo stress da sopportare è troppo forte, forse spaventata dai quattro casi emersi nella struttura, forse intimorita da quello che potrebbe succedere nelle prossime settimane. Per questo decide che, piuttosto che proseguire in questa alternanza di paure e speranze, tanto vale lasciare perdere e presentare una lettera di dimissioni.
Non è una narrazione su doppio binario fatta per dividere i buoni dai cattivi: la condizione da affrontare è la stessa per entrambe le persone e ognuno sceglie sulla base della propria sensibilità e del mantenimento del proprio equilibrio. Tutto questo accade mentre nella rsa (ma il problema è evidente anche in altre, simili strutture della zona che devono fare ricorso a nuovo personale) il numero di addetto che “marca visita“ è ancora in crescita. A inizio settimana 18 operatori su 84 risultavano in malattia mettendo in difficoltà la turnazione: in questi ultimi giorni il numero è salito ulteriormente, tanto che ieri erano 26 gli operatori assenti. Proprio in questo fenomeno risiedono, con tutta probabilità, i problemi maggiori di organizzazione dell’emergenza da parte della Sant’Erasmo.
«Ventisei fra Asa e infermieri hanno chiesto e ottenuto malattia dai loro medici di base. Io non credo che siano tutti ammalati al punto da lasciare il lavoro. Non credo nemmeno che siano tutti contagiati. Credo invece che molti di loro siano solo spaventati - spiegavano ieri i vertici della fondazione Sant’Erasmo - . Ai medici che li hanno “messi in sicurezza“ dico che questo loro atteggiamento ci sta creando danni e problemi enormi. Forse è il caso che i medici di base rileggano le regole dell’Ats e della Regione per la gestione del personale medico-assistenziale. Comprenderebbero che un po’ di mal di gola o di testa non può bastare per mettere in malattia quei lavoratori che, loro malgrado, devono combattere in prima linea questo brutto virus».