GRAZIANO MASPERI
Cronaca

La mantide brasiliana, mente diabolica della squadra omicida di Parabiago: "Fabio Ravasio da tempo viveva da separato in casa con Adilma"

Il delitto mascherato da incidente stradale. Gli amici della vittima non si danno pace: “Era una persona buona e gentile con tutti non era affatto uno sprovveduto”

Fabio Ravasio

Fabio Ravasio

Magenta (Milano) – Gli amici di Fabio Ravasio non si danno pace. Continuano a chiedersi come sia stato possibile arrivare ad un delitto del genere. Come sia stato possibile non essere riusciti a bloccare prima il piano diabolico per ucciderlo. Come sia stato possibile che una donna sia stata capace di circuire e convincere così tante persone a seguirla in una folle azione criminale basata sul totale disprezzo per la vita umana. "Fabio era una persona buona e gentile con tutti – racconta un amico – e non era affatto uno sprovveduto. Era uno che sapeva come comportarsi".

Di fatto conviveva ancora con Adilma Pereira Carneiro, ma erano dei separati in casa a Parabiago. "Fuori dal negozio di via Manzoni hanno litigato spesso – continua – non raccontava a nessuno i suoi problemi, ma era facile intuire che le cose non andavano bene". C’è chi dice che negli ultimi tempi Fabio non era più lo stesso. "Entravo spesso nel suo negozio – aggiunge un amico – e mi accorgevo che, ultimamente, non aveva tanta voglia di dialogare. A differenza di quanto accadeva prima. Sempre gentile, ma con la testa china, ti salutava, faceva quel che doveva fare e basta. Forse, pensiamo noi, non riusciva a liberarsi di un peso".

Fabio continuava con le sue passioni, come se fossero quelle che riuscivano a tenerlo in vita. La bicicletta, il tennis, la corsa, lo sport in genere. Entrando nel negozio c’era una spaccato della sua vita. Le fotografie con i giocatori del Milan, la sua squadra, l’arrivo alla prestigiosa maratona di New York di alcuni anni fa, impresa della quale andava fiero e molto altro. Lo hanno travolto mentre era in mountain bike ben sapendo che avrebbe fatto quella strada. Perché, con la bella stagione in negozio ci andava in bicicletta, da Parabiago a Magenta. Spesso si portava anche il borsone e, in pausa pranzo, andava in piscina e in palestra.

«Leggere sui giornali certe cose e sapere che così tante persone erano coinvolte, solo per questioni economiche, fa malissimo - conclude – Oggi abbiamo perso un amico, ma la sola speranza è quella che la giustizia faccia il suo corso e non accadano mai più cose del genere. Lo dobbiamo a Fabio".