GRAZIANO MASPERI
Cronaca

Famiglia libanese si riabbraccia a Magenta: “Non volevo le mie figlie ostaggio delle bombe”

Fady, magentino d’adozione, ingegnere laureato al Politecnico, era rimasto solo in Italia.L a guerra impediva a moglie e bimbe di raggiungere Beirut. Poi l’abbraccio a Malpensa

La famiglia riunita

La famiglia riunita

Magenta – Giorni di angoscia, con i pensieri peggiori. Fino a venerdì, quando a Malpensa è atterrato l’aereo proveniente da Beirut con sua moglie e le due figlie. Per Fady è stata la fine di un incubo: le ha riabbracciate prima in aeroporto e poi nella sua Magenta, dove li ospita il fratello. Perché Fady si considera magentino a tutti gli effetti, essendo arrivato in Italia nel 1993 per studiare al Politecnico, dove si è laureato in Ingegneria. Per lavoro ha viaggiato parecchio, in una settantina di Paesi di tutti i continenti, e ha visto anche la guerra perché è nato nel 1975 quando in Libano si veniva svegliati nel cuore della notte dai bombardamenti.

“Speravo che le mie figlie non dovessero mai sentire il rumore assordante della morte, invece hanno visto anche loro la guerra – commenta Fady – Ricordo che quando arrivai in Italia, al primo risveglio era tutto così tranquillo che mi chiesi se fosse vero. Arrivavo da una realtà molto diversa”. Mentre era in Italia per lavoro, la moglie Sohad Costantine Aziz è tornata in Libano con le due bambine. “Quando ho sentito che Israele stava bombardando il mio Paese sono crollato – ricorda – In un solo giorno più di 500 morti. Ho cercato di farle rientrare subito, ma il primo biglietto che ho trovato prevedeva la partenza da Beirut per Malpensa alle 7 del mattino del 4 ottobre”.

Sono stati giorni terribili, con le bombe a 200 metri dalla sua casa nel distretto di Sidone, a Sud del Libano. “Alcuni amici hanno aiutato mia moglie a trasferirsi più a Nord verso Beirut, ma due giorni dopo hanno bombardato anche la capitale”. Fady prega tutti i giorni. La via per l’aeroporto è costantemente sotto bombardamento israeliano. Un rischio passarci, ma non c’è alternativa. Sohad e le due bambine ce la fanno. L’aereo parte e atterra a Malpensa, da Fady. L’incubo è finito, adesso sono al sicuro a Magenta.

La mia speranza? Che ai missili subentri la ragione. Appena finirà questa guerra assurda torneremo in Libano, voglio che le mie figlie crescano con l’amore per la loro terra. A fare le spese del conflitto è solo la povera gente. Viaggiando ho imparato che siamo tutti uguali. Come esiste un Fady libanese che ama la propria famiglia e vuole vivere in pace, così esisterà un Fady israeliano che vuole la pace e ama la sua famiglia”.