Nessuna possibilità di giustizia riparativa per Massimo Ferretti. La Corte d’Assise del Tribunale di Busto Arsizio ha rigettato l’istanza presentata dall’uomo, imputato insieme ad Adilma Pereira Carneiro e ad altre sei persone per l’omicidio di Fabio Ravasio, travolto e ucciso lo scorso 9 agosto a Parabiago. Il presidente della Corte, Giuseppe Fazio, lo stesso che invece aveva permesso la giustizia riparativa per Davide Fontana, imputato del delitto della giovane Carol Maltesi, questa volta ha chiarito nell’ordinanza che, non essendo ancora stata aperta l’istruttoria, "non sussistono elementi sufficienti" per stabilire se la richiesta di Ferretti rappresenti un vero e proprio segnale di pentimento o se sia semplicemente un tentativo di alleggerire la sua posizione processuale. Senza prove concrete di un sincero percorso di resipiscenza, l’accesso alla giustizia riparativa è stato negato.
Ferretti, titolare di un bar di Parabiago dove gli arrestati si sarebbero riuniti nei mesi precedenti al delitto, è sospettato di aver avuto un ruolo attivo nella pianificazione dell’omicidio insieme all’amante brasiliana. Secondo la versione fornita dalla stessa Adilma, sarebbe stato lui il vero ideatore del piano per uccidere il suo compagno, Fabio Ravasio. Una dichiarazione che aggiunge ulteriori ombre su un caso già torbido e inquietante. Nel corso dell’udienza del 27 gennaio, Ferretti aveva provato a rivolgersi ai genitori della vittima con una lettera in cui chiedeva perdono per il dolore inflitto alla famiglia e manifestando il desiderio di incontrarli. Aveva anche espresso l’intenzione di risarcire il danno causato. Tuttavia, la famiglia Ravasio ha rifiutato categoricamente qualsiasi incontro, ribadendo il proprio no a qualsiasi forma di riconciliazione, che di per sé non è una discriminante relativamente al programma di giustizia ripartiva. Il rigetto della giustizia riparativa segna un passaggio cruciale nel dibattimento: la Corte non ha ravvisato nei gesti di Ferretti elementi sufficienti per considerarlo realmente pentito. Il processo prosegue, e con esso il dramma di una famiglia che chiede giustizia, senza concessioni a chi è ritenuto responsabile di una morte atroce e premeditata.
Ch.S.