Parabiago, 6 settembre 2024 – La villa di via Duca di Genova nel centro di Parabiago, residenza di Adilma Pereira Carneiro e Fabio Ravasio, è stata posta sotto sequestro e ora, per arrivare a ricostruire con maggiore precisione i dettagli del piano che ha infine condotto all’omicidio del 52enne, si indagherà anche sugli elementi che potranno emergere dall’analisi di quanto rinvenuto nella casa; altro passaggio fondamentale sarà poi l’esame del contenuto dei telefoni cellulari sequestrati alle otto persone fino ad ora sottoposte a fermo, mentre si sta cercando di chiarire la vicenda della paternità degli ultimi due figli di Adilma.
Sono questi gli elementi sui quali si sta indagando in questi giorni e che vanno ad aggiungersi a una vicenda che, ogni giorno, sembra produrre ulteriori novità e particolari.
Sigilli alla villa
Il sequestro dell’abitazione parabiaghese dove i due vivevano risale alla tarda serata di martedì sera ed è stato ordinato nella speranza di trovare all’interno dell’abitazione altri elementi utili per l’inchiesta così da chiarire i tanti punti oscuri della vicenda.
Qui, come noto, vivevano da tempo Adilma e Fabio, dopo che qualche anno fa quest’ultimo aveva acquistato l’abitazione dai precedenti proprietari, procedendo alla ristrutturazione completa.
Tra gli elementi che restano ancora da chiarire ci sono anche i fatti relativi alla paternità dei due gemelli minorenni nati nel 2016, gli ultimi degli otto figli di Adilma ad ora "rintracciati": oltre a questi due, infatti, Adilma risulta essere madre di tre gemelli oggi 14enni avuti dalla relazione con Michele Della Malva, precedente marito della donna deceduto nel 2011, e di tre figli maggiorenni risalenti alle sue relazioni in Brasile (le due figlie Beatriz e Ariane, oltre a Igor Benedito, che era alla guida dell’auto che ha travolto Ravasio).
I due gemelli di otto anni, iscritti alla nascita con il cognome Trifone (Adilma aveva sposato l’anno prima Marcello Trifone, complice nell’omicidio e che attualmente figura ancora come marito della donna), dagli elementi emersi durante le indagini potrebbero essere frutto di inseminazione artificiale e la clinica è stata individuata dagli investigatori. Non solo: il giorno prima dell’omicidio risulta un tentativo di registrazione all’anagrafe con il cognome Ravasio, ma la mancanza di un documento di riconoscimento formale da parte dello stesso Ravasio blocca tutto.
Movente e paternità
Il movente, in questa complessa vicenda, secondo gli inquirenti è quello economico e obiettivo del piano che ha portato alla morte del 52enne Ravasio, ordito dalla compagna e portato a termine con i sette complici identificati nel corso delle indagini, era quello di entrare in possesso dei beni dell’uomo: tutto questo malgrado gli ostacoli costituiti dai dubbi emersi sulla paternità dei due figli della coppia, al momento affidati alla figlia maggiore di Adilma, e che costituivano il "veicolo" da utilizzare per poter entrare in possesso dell’eredità.