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Il triste calvario di Giuseppe: "Così sopravvivo a una malattia rara"

La diagnosi spietata: sarcoidosi polmonare. A 35 anni ha perso tutto: "Non ho sostegni, ma il rischio più grande è quello di rimanere solo"

Giuseppe Giorgi vive con una malattia rara (StudioSally)

Abbiategrasso (Milano), 18 luglio 2015 - Dieci anni di sofferenze. Una vita fatta di privazioni e un futuro che non promette nulla di buono. Giuseppe Giorgi di 35 anni è affetto da una malattia rara terribile: la sarcoidosi polmonare. Oggi è ricoverato presso l’ospedale di Abbiategrasso: «Nel reparto di Pneumologia dell’ospedale Cantù – afferma – ho trovato personale qualificato e, soprattutto, dall’altissimo valore umano». Abbiategrasso è solo l’ultima tappa di un percorso sanitario che ha visto lo sfortunato giovane, che vive a Busto Arsizio, girovagare per tantissimi ospedali lombardi. Da Busto Arsizio, al San Gerardo di Monza, dal San Giuseppe di Milano al San Carlo sempre a Milano, dall’ospedale di Legnano a quello di Cuggiono per la terapia del dolore. Fino all’ospedale Del Ponte di Varese.

Ad oggi non c’è nemmeno certezza sulla diagnosi riguardante la sua patologia. Resta il fatto che la vita, per chi è affetto da malattia rara, è praticamente impossibile. Giuseppe Giorgi, nel giro di poco tempo, ha perso tutto. Lavoro e possibilità di costruirsi un futuro. Il primo con i favori della legge perché, per lui, recarsi sul posto di lavoro era diventato impossibile. Nell’ultimo anno Giorgi ha superato gli otto mesi di degenza ospedaliera. E le persone nelle sue condizioni, non hanno assistenza al di fuori di quella sanitaria. Non hanno aiuti. Tutto cominciò nel 2005 quando Giorgi, allora ragazzo di 25 anni, cadde a terra a seguito di una crisi respiratoria alla quale, i successivi accertamenti medici, non seppero dare una spiegazione precisa. «All’ospedale Del Ponte di Varese mi è stato recentemente impiantato un neurostimolatore elettrico che devo ricaricare periodicamente. E sto continuando le terapie al Cantù di Abbiategrasso, nel reparto diretto dal dottor Attilio Grechi». Il suo futuro? «Non c’è alcuna possibilità di fare programmi per l’avvenire per chi ha una malattia rara. Non ho sostegni, ma il rischio più grande è quello di rimanere solo una volta che non ci saranno più i miei genitori. Gli unici che, ad oggi, mi hanno sorretto».