CHRISTIAN SORMANI
CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

“Lei mi odia, mi vorrebbe morta”: la madre di Fabio Ravasio accusa la mantide di Parabiago

Annamaria Trentarossi: “Vogliamo solo giustizia per nostro figlio”. Della morte del figlio è accusata Adilma Pereira Carneiro

"Vogliamo solo giustizia per nostro figlio". Annamaria Trentarossi (nella foto), madre di Fabio Ravasio, è seduta insieme al marito...

"Vogliamo solo giustizia per nostro figlio". Annamaria Trentarossi (nella foto), madre di Fabio Ravasio, è seduta insieme al marito...

"Vogliamo solo giustizia per nostro figlio". Annamaria Trentarossi, madre di Fabio Ravasio, è seduta insieme al marito fra il pubblico dell’aula Falcone e Borsellino, nel tribunale di Busto Arsizio. Lo sguardo triste, il volto segnato da una sofferenza che viene sottolineata anche da tremore della mano che regge a fatica un bicchiere di acqua. "Non ho mai pensato che potesse essere successo un incidente. Avevo pensato subito a qualcosa di molto più brutto per Fabio. Me lo sentivo dentro".

La memoria va a quel 9 agosto 2024 a Parabiago in quello che inizialmente sembrava un incidente stradale con relativa fuga del pirata della strada, ma che le indagini hanno rivelato essere un piano criminale studiato nei minimi dettagli. Il marito, Mario Ravasio è accanto a lei, lascia trasparire tutta la sofferenza di un uomo che dentro è a pezzi. "Faccio fatica a capire il perché tutte queste persone abbiamo distrutto la propria vita e anche quella dei loro familiari, dei loro figli, per cosa? Per cosa lo hanno fatto?".

Approfondisci:

La mantide Adilma e l’intreccio con la malavita milanese. L’omicidio del secondo marito commissionato a un uomo del clan Flachi

La mantide Adilma e l’intreccio con la malavita milanese. L’omicidio del secondo marito commissionato a un uomo del clan Flachi

Fabio il pomeriggio del 9 agosto era stato travolto mentre era in bicicletta da Igor Benedito, conducente di una vecchia auto con targa contraffatta che, secondo gli inquirenti, avrebbe indossato una parrucca per non essere riconosciuto. "Lei mi odia e mi vorrebbe morta – ha spiegato la madre di Ravasio, rivolgendosi ad Adilma –. Ho sempre avuto brutte sensazioni, ma non sapevo nulla della religione che professava. Alla fine in casa non c’era mai, era sempre in giro".

La religione di cui si parla è il candomblè e pare che Adilma frequentasse la comunità spirituale novarese che opera dal 2020 in una casa immersa nel parco del Ticino a Galliate. Sarà il sacerdote della comunità, chiamato in causa fra le tante testimonianze del processo, a svelare i retroscena di questa frequentazione. Potrebbero essere d’aiuto le tantissime pagine di intercettazioni telefoniche in portoghese, alcune in un particolare dialetto brasiliano, che la Corte ha dato in mano ad un perito, col supporto di un altro esperto. Avranno tempo 60 giorni dall’incarico che verrà conferito loro il 3 marzo prossimo.