"Siamo contenti. È andata bene per ora". Poche parole quelle di Annamaria Trentarossi, madre di Fabio Ravasio, pronunciate uscendo dall’aula dove si sta decidendo sul rito abbreviato chiesto da quattro degli otto imputati. La sua preoccupazione era tutta verso l’ex compagna brasiliana, Adilma Pereira Carneiro, accusata di essere la mente dietro il piano per uccidere Ravasio, travolto il 9 agosto mentre era in bici. Sulla vecchia Opel, che lo ha travolto, il marito della donna Marcello Trifone e il figlio Igor Benedito, ritenuto al volante. Annamaria e il marito si sono costituiti parte civile, assistiti dagli avvocati Barbara D’Ottavio e Francesco Arnone, e hanno chiesto un milione di euro di risarcimento a testa. "Il giudice ha rigettato la richiesta di rito abbreviato", ha commentato l’avvocato D’Ottavio.
"Abbiamo superato il primo ostacolo per ottenere giustizia per Fabio". Il processo si aprirà il 27 gennaio davanti alla Corte d’Assise di Busto Arsizio, presieduta da Giuseppe Fazio, con l’accusa di concorso in omicidio aggravato dalla premeditazione. Sono due genitori distrutti, ma oggi determinati più che mai a chiedere che venga fatta giustizia per il figlio. Annamaria Trentarossi fu avvertita da quella che considerava sua nuora solo mezza giornata dopo il terribile investimento del figlio. "Non ci aveva detto nulla, se non dopo parecchie ore. Ci ha persino tolto la possibilità di dire addio a Fabio mentre era ancora vivo in sala operatoria". Adilma chiamò i coniugi Ravasio il 10 agosto verso le 5 del mattino. I due erano in montagna. Annamaria Trentarossi aveva prestato 800mila euro a Fabio che, spinto da Adilma, chiedeva altri fondi per acquistare un’altra proprietà. A complicare ulteriormente la situazione c’era la questione della paternità: Ravasio sapeva da anni che i due bambini non erano suoi, ma li amava come fossero suoi. Adilma sfruttava questo legame.
Dopo l’omicidio, mentre si pensava ancora a un pirata della strada, la donna continuava a lamentare difficoltà economiche ai genitori di Ravasio, invocando aiuto con messaggi strazianti. "Stiamo soffrendo, io e i bambini abbiamo bisogno di voi". Aveva persino presentato documenti falsi sulla paternità, che saranno indagati dal pubblico ministero Ciro Caramore. Il giorno prima del delitto, Adilma aveva frettolosamente cambiato residenza e inserito i bambini nello stato di famiglia di Fabio, forse per l’eredità del compagno.