NICOLA PALMA
Cronaca

Mantide di Parabiago, c’è l’ottavo fermato per l’omicidio di Fabio Ravasio: “Ha simulato malore in strada poco prima dell’agguato”

Milano, i carabinieri hanno fermato un 45enne marocchino. “Ha indotto i passanti a soccorrerlo e bloccare il traffico per permettere agli esecutori materiali di uccidere Ravasio”

Adilma Pereira Carneiro e Fabio Ravasio

Adilma Pereira Carneiro e Fabio Ravasio

Parabiago (Milano) – E siamo a otto. Terza svolta nel giro di appena sei giorni nelle indagini sull'omicidio di Fabio Ravasio, travolto la sera del 9 agosto da un'auto pirata sulla provinciale 149 tra Parabiago e Casorezzo. Un piano architettato, nell'ipotesi della Procura di Busto Arsizio, dalla compagna Adilma Pereira Carneiro per eliminare il cinquantaduenne e impossessarsi delle sue proprietà. Nella serata di giovedì 29 agosto, i carabinieri della Compagnia di Legnano hanno fermato un quarantacinquenne di origine marocchina su mandato del pm Ciro Caramore: l'uomo residente a Parabiago, "consapevole del proposito criminoso", avrebbe simulato un malore in strada poco prima dell'incidente mortale, "al fine di indurre i passanti a soccorrerlo e bloccare quindi il traffico veicolare per permettere agli esecutori materiali di uccidere Ravasio". Al quarantacinquenne sarebbe stato promesso in cambio un appartamento nell'hinterland milanese.

Il piano diabolico

Stando a quanto finora emerso dalle indagini, la quarantanovenne brasiliana ha organizzato l'assassinio di Ravasio, facendolo investire mentre stava tornando a casa in sella alla sua mountain bike: alla guida della Opel Corsa killer c'era, secondo gli accertamenti investigativi, il figlio venticinquenne Igor Benedito, mentre al suo fianco, sul lato passeggero, era seduto Marcello Trifone, marito della donna. Il ruolo di "pali" sarebbe stato affidato al futuro genero di Adilma, Fabio Lavezzo, e all'amico Mirko Piazza, mentre l'amante della "mantide" Massimo Ferretti sarebbe stato il "regista" delle comunicazioni tra i quattro operativi.

Il meccanico in manette

Dopo i primi sei fermi, l'indagine è andata avanti, portando nella giornata di mercoledì 28 agosto al fermo del meccanico Fabio Oliva, che avrebbe partecipato all'azione nelle fasi preparatorie e in quelle successive: in particolare, il quarantenne avrebbe riparato la Opel scelta come auto killer, rimettendole i fari anteriori che erano stati smontati; dopo l'investimento, si sarebbe recato nella villa dove vivevano Lavezzo, la fidanzata e figlia maggiore di Adilma e il marito Marcello Trifone per controllare lo stato della macchina ("Lo sapevo che si sarebbe sfondato il vetro", il suo commento alla vista dell'utilitaria incidentata) e aiutare il gruppo a disfarsene. Ora è toccato al quarantacinquenne, che avrebbe finto un malore per aprire la strada alla macchina assassina.

Le "macumbe" di Adilma

Tutti gli attori della sceneggiatura thriller sarebbero stati assoldati da Adilma, l’unica peraltro a essersi costruita un alibi (smontato dagli inquirenti) per i minuti del delitto: «È sconcertante - ragiona il pm Ciro Caramore - osservare come la Pereira sia riuscita a far realizzare l’omicidio ad altri, senza ’sporcarsi le mani’». La quarantanovenne avrebbe fatto leva sulla sua «attrazione magnetica» e sulle «millantate doti stregonesche» legate al culto degli Orisha: «So che faceva riti magici. Lei, tra l’altro, diceva di poter parlare coi santi, attraverso un gioco che prevedeva l’uso di conchiglie», ha raccontato il genero Fabio Lavezzo, presunto ’palo’ del gruppo. «Lei è una stregona, ho assistito personalmente all’esecuzione di ’macumbe’ da parte di Adilma: prende pezzi di animali dal macellaio, faceva dei riti. Ho visto più volte in casa pentole con pezzi di carne bolliti, teste di coniglio», ha aggiunto Ferretti.

Il passato criminale e i mariti morti

Non basta. «Non si può escludere che la Pereira possa aver fatto vanto delle sue relazioni e ’protezioni’ criminali, peraltro indiscutibili», ha aggiunto il pm nel fermo di Oliva. E qui si arriva al passato inquietante della "mantide" Adilma, che autorizza col senno di poi macabre suggestioni: due mariti sono morti mentre stavano con lei. Il primo, padre di Igor Benedito (il figlio scelto da Adilma per guidare la Corsa killer), sarebbe stato ucciso quando la donna era ancora residente in Sudamerica, ma di quella vicenda si sa poco o nulla. Il secondo, Michele Della Malva, meccanico dal cognome che rimanda a una delle più potenti famiglie della mafia foggiana (la Società), è stato stroncato nel 2012 da un infarto durante un periodo di semilibertà che stava trascorrendo con la moglie e madre dei suoi tre gemelli oggi quattordicenni: «Sarebbe morto tra le braccia di A.», ha ricordato Lavezzo, riferendosi alla fidanzata e figlia maggiore di Adilma.

La cocaina a Malpensa

All’epoca, il quarantottenne Della Malva stava scontando 29 anni e 10 mesi per due omicidi (quello a colpi di pistola di Donato Luisi andò in scena nel ’91 per una partita di droga non pagata), nonché per rapina, ricettazione e sequestro di persona. La brasiliana lo conobbe nel 2006 tramite un’associazione per il reinserimento detenuti, dopo la condanna per detenzione di 13,7 chili di cocaina trasportati in un trolley a Malpensa. Dal marito, Adilma ereditò una casa a Vieste, nota località turistica del Gargano. E ora qualcuno si chiede se sia stato davvero un malore a mettere fine alla vita di Della Malva: è possibile che gli inquirenti vogliano accendere un faro pure su quella vecchia storia.