GABRIELE MORONI
Cronaca

Matilda, una vittima senza giustizia. La sentenza (forse) dopo 16 anni

Legnano, la beffa: assolti sia la mamma che il suo compagno. E la Cassazione rinvia tutto di 12 mesi

La piccola Matilda Borin (Ansa)

Legnano (Milano), 1 luglio 2020 - Se fosse viva compirebbe 18 anni fra un anno, il 22 agosto. Diventerebbe maggiorennne e avrebbe davanti un orizzonte di promesse come qualunque ragazza della sua età. Invece il viaggio nella vita di Matilda Borin è durato soltanto ventidue mesi, troncato da un colpo alla schiena (forse un calcio), tanto violento da spappolare la milza, provocare in distacco di un rene e fratture costali. Un colpo mortale. È il pomeriggio del 2 luglio 2005, in una casa colonica a Roasio, immersa nell’afa delle campagne del Vercellese. Solo due persone sono con la bambina, ma per la giustizia nessuno dei due è colpevole di omicidio preterintenzionale. Non la madre, Elena Romani, all’epoca 31 anni, hostess di Legnano che ha avuto la figlia dall’unione, poi naufragata, con un uomo di Busto Arsizio: definitivamente assolta. Non il nuovo compagno della donna, Antonino Cangialosi, che al tempo ha 33 anni. Per lui, dopo due proscioglimenti, la sentenza d’appello ha ribadito la piena assoluzione per non avere commesso il fatto. Cangialosi, un passato di bodyguard, oggi impiegato nella logistica, attende il responso della Cassazione.

L’udienza, fissata per lo scorso 7 aprile davanti alla quinta sezione penale, è stata aggiornata al 16 aprile del 2021 per l’emergenza Covid. Un anno di rinvio. Un anno ancora. Come se anche la pandemia congiurasse per ritardare l’epilogo di una vicenda infinita quanto allucinante sulla quale all’università di Torino sono in preparazione delle tesi di laurea. I legali della Romani , Tiberio Massironi e Roberto Scheda, hanno appoggiato il loro ricorso alla Suprema Corte contro l’assoluzione di Cangialosi su alcuni punti. Sarebbero stati necessari una prova scientifica, accertamenti, una perizia per verificare i tempi di perdita di coscienza da parte della bambina dopo essere stata colpita. Questo perché la “forbice” da pochi minuti a 50 minuti è ritenuta troppo ampia. Il particolare delle labbra bianche della bambina. Cangialosi sostiene di averle notate al momento di entrare in bagno con lei. Secondo gli avvocati, ne parlerebbe invece nella telefonata dal 118, quando Matilda era già priva di sensi.

«Il fatto che dopo tredici anni non si sia potuti arrivare a un giudizio di colpevolezza sulla morte della piccola Matilda è una sconfitta personale per tutti noi che ci siamo occupati del caso e una sconfitta del sistema giustizia, ma condannare un innocente per trovare un colpevole sarebbe ancora peggio. Condannare una persona sulla base delle risultanze dei vari processi non si può". Parole amare quelle pronunciate, nel novembre di due anni fa, dal sostituto procuratore generale Marcello Tatangelo, che aveva chiesto l’assoluzione di Antonino Cangialosi ai giudici della Corte d’Assise d’appello di Torino. La resa della giustizia. Una resa che potrebbe diventare definitiva fra meno di un anno. Dopo sedici anni.