
Adilma Pereira Carneiro, conosciuta come la mantide di Parabiago, è a processo per l'omicidio di Fabio Ravasio
Parabiago, 22 aprile 2025 – Un tassello fondamentale si aggiunge all’inchiesta sull’omicidio di Fabio Ravasio, travolto e ucciso a Parabiago nell’agosto scorso. La perizia psichiatrica depositata nei giorni scorsi non lascia spazio a dubbi: Marcello Trifone era pienamente capace di intendere e di volere, anche nel momento in cui si trovava nell’auto insieme a Igor Benedito, figlio di Adilma ed esecutore materiale dell’investimento mortale.
La relazione
Firmata dalle esperte Laura Ghiringhelli e Marina Carla Verga, la relazione spazza via ogni ipotesi di infermità mentale: "Marcello Trifone non è affetto da disturbo psichiatrico ascrivibile alla più accreditata e recente nosografia psichiatrica. Il soggetto è in grado di partecipare coscientemente al processo”.

Parole nette, che tracciano un quadro chiaro: Trifone, ex marito di Adilma e ora sotto accusa con un ruolo ritenuto determinante, era perfettamente lucido quando Fabio Ravasio è stato ucciso.
La prova chiave
Una valutazione clinica che pesa come un macigno sul procedimento penale, confermando la piena imputabilità dell’uomo e aprendo scenari giudiziari ancora più complessi e delicati. La perizia, richiesta per accertare l’idoneità psichica dell’imputato, diventa ora una prova chiave per il processo che dovrà fare piena luce su uno dei fatti di sangue più sconvolgenti avvenuti nel Legnanese negli ultimi anni.

Il ruolo del barista Ferretti
Il processo vede imputati Adilma Pereira Carneiro, la “mantide di Parabiago”, il marito Trifone, appunto, e Massimo Ferretti, amante della donna; assieme ad altre cinque persone che hanno partecipato a vario titolo al piano omicida. C’è Trifone, per il quale dopo la perizia che lo ritiene capace d’intendere e di volere il processo in corso è destinato ad assumere un altro percorso; ma c’è il ruolo altrettanto cruciale di Ferretti. Che davanti ai giudici ha ammesso di essere stato spettatore consapevole del delitto: “Sapevo tutto, ma non ho fatto niente per impedirlo”.
"Ero soggiogato”
Massimo Ferretti, barista molto conosciuto a Parabiago, già protagonista di un tentativo di giustizia riparativa con la richiesta di perdono ai familiari della vittima, ha ripercorso il suo rapporto con Adilma, la cosiddetta “mantide“. Una relazione segnata dalla manipolazione e dall’ossessione, come ha spiegato lui stesso ai giudici: “Conobbi Adilma due anni fa nel mio bar a Parabiago. Era venuta con il suo santone, faceva degli strani riti di purificazione, così li chiamavano, talvolta usando animali morti. Mi innamorai di lei, ma era un legame patologico, non era amore. Ci trovavamo in motel o a casa sua. Poi mi trattava male, eppure io non riuscivo a staccarmi da lei, anzi andava sempre peggio”.