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Legnano culla della natalità: parti in calo in tutta Italia ma non nell’Alto Milanese

Il reparto di ostetricia e ginecologia dell'ospedale legnanese è un caso: negli ultimi 5 anni ha avuto nascite costanti. Dato in netta controtendenza con il trend nazionale che negli ultimi dieci anni segna un -26 per cento

A Legnano i parti non calano, dato in controtendenza con il resto d'Italia

Si potrebbe definire il “caso Legnano”, la più classica eccezione che conferma la regola, questa volta in tema natalità.

Perché se ormai è noto che l'Italia non è un Paese “per nascere”. La denatalità è un allarme rosso ben descritto dagli oltre 141mila parti persi dal 2012 al 2022. E questo trend non risparmia la Lombardia dove, rispetto a 10 anni fa, i nuovi nati sono quasi 25mila in meno. Nell'Alto Milanese, però, c'è una città dove le culle non si svuotano.

"Nella Sc di Ostetricia e ginecologia dell'ospedale di Legnano", presidio capofila dell'Asst Ovest Milanese, "il numero dei parti è rimasto costante negli ultimi 5 anni. Solo nel 2022 sono stati 857, 30 in più rispetto al 2021, contro un -2,3% registrato a livello regionale". A segnalare il caso è il direttore del reparto Guido Stevenazzi, che descrive il modello che ha reso possibile questa controtendenza. Parola d'ordine: "Mantenere costanti i numeri innalzando l'asticella della qualità - spiega - costruendo un approccio basato sulla personalizzazione e sull'umanizzazione della cura materna".

Dai 535.428 parti del 2012, in Italia si è passati a 393.997 nel 2022 (-26,4%); in Lombardia, nello stesso periodo, si è scesi da 93.284 a 68.397 (-26,7%). "È un grande problema sociale e una preoccupazione anche economica", riflette Stevenazzi. Il fenomeno ha creato "sfide uniche per le strutture ospedaliere e noi nel nostro piccolo le abbiamo raccolte, cercando di far vivere alle donne l'esperienza della gravidanza e del puerperio in piena armonia e sicurezza. Con questa consapevolezza ci siamo focalizzati, oltre che sulla competenza clinica e sull'avanguardia tecnologica, anche sulla sfera emotiva e relazionale, con un minor ricorso alla medicalizzazione. Il traguardo è rappresentato da 438 femmine e 419 maschi venuti alla luce l'anno scorso".

"I numeri si confermano" anche dopo l'emergenza pandemica, un periodo particolarmente caldo per l'ospedale legnanese designato dalla Regione hub Covid per l'Ostetricia, il più piccolo della Lombardia. Piccolo, ma prolifico. "Le nostre mamme - racconta Stevenazzi - sono per il 65% circa italiane e per il restante 35% di origine straniera. L'età media è 31,6 anni, 32,3 per le italiane e 30,3 per le straniere, in linea con i dati nazionali". Il loro gradimento per il reparto di Legnano "trova riscontro anche sulle piattaforme social e questo ci fa davvero piacere", rimarca il primario. "È il frutto di un lavoro di squadra che vede in campo 13 medici, compreso il sottoscritto, 6 infermiere, 13 operatori socio-sanitari e 27 ostetriche". Queste ultime con un ruolo da protagoniste nel “modello Legnano”.

"Le nostre ostetriche - illustra Stevenazzi - sono presenti, oltre che in sala parto, anche all'interno del reparto e in tutti gli ambulatori. Con loro, figure professionali deputate alla cura del benessere di donna e bambino, lo scambio di opinioni e di idee è continuo". A Legnano inoltre, "alcune ostetriche sono specializzate anche per seguire in prima persona le gravidanze a basso rischio. Se ci sono pazienti che, per empatia e tipo di approccio, o magari per soggezione nei confronti del medico, preferiscono essere seguite dall'ostetrica, tramite un colloquio approfondito, e se non presentano fattori di rischio, vengono accompagnate dall'ostetrica per tutto il periodo gestazionale fino al parto. I dati di letteratura su questa modalità di assistenza sono positivi - dice l'esperto - anche in termini di fidelizzazione delle pazienti al reparto".

Ancora, nell'Ostetricia e ginecologia legnanese le ostetriche sono “sentinelle” di possibili criticità post-parto. "Anche grazie alla loro presenza in reparto - evidenzia il direttore - cerchiamo di capire prima della dimissione quali mamme potrebbero avere un rischio maggiore di depressione". Se si intercetta il pericolo 'baby blues', "vengono contattate immediatamente le psicologhe del nostro ospedale, ne abbiamo una dedicata, e nei casi particolarmente sospetti non dimettiamo le pazienti, ma le teniamo in reparto fino a quando non siamo sicuri che possano contare su un collegamento assistenziale".

Al momento della nascita e in generale del peri-partum, prosegue Stevenazzi, "anche nei momenti più difficili consentiamo l'ingresso in sala parto o in reparto del papà o di qualunque figura la donna desideri avere accanto". C'è grande attenzione al contrasto del dolore, con "un servizio di parto-analgesia disponibile da un anno 24 ore su 24, sabati e domeniche compresi", e "ad assecondare il più possibile le pazienti che manifestano il desiderio di un parto naturale". Un'opzione percorribile "anche in caso di cesarei pregressi o di bimbo in posizione podalica: grazie a un ambulatorio specializzato nella manovra di rivolgimento, nel 60% dei casi riusciamo a garantire alla mamma un parto naturale". In generale, "sul fronte cesarei siamo in 'zona verde', nelle soglie prescritte dalla Regione per la buona qualità".