Legnano (Milano), 6 agosto 2020 “Dagli esami effettuati non è possibile individuare come cause di morte una delle sostanze tossiche tra quelle ricercate, Sono escluse le cause infettive”: è questo l’esito delle analisi portate a termine dall’Ats dopo il fenomeno di avvelenamento dei pesci del fiume Olona di qualche settimana fa, un esito che ha provocato l’immediata reazione degli “Amici dell’Olona”, il gruppo che da anni si batte per difendere il fiume.
“Non crediamo al suicidio collettivo dei pesci – scrive il referente del gruppo, Franco Brumana -. Non credendo ad un suicidio contemporaneo e di massa delle migliaia dei pesci morti ed essendo convinti che si tratti di un evento straordinario e gravissimo, che potrebbe influire anche sulla salute umana attraverso i prodotti agricoli coltivati e irrigati con l’acqua avvelenata, chiediamo che le indagini proseguano sino a scoprire le cause della strage”.
Qualche settimana fa centinaia di pesci morti si erano letteralmente arenati sulle anse del fiume a Legnano, pesci morti a monte e poi trasportati dalla corrente: i tempi necessari per verificare l’accaduto avevano vanificato la possibilità di un intervento in tempo reale, rendendo ancora più difficile l’identificazione delle possibili cause: “Sicuramente possiamo affermare che manca qualsiasi serio servizio di polizia fluviale – continua Brumana, che già qualche settimana fa aveva premuto l’acceleratore sulla necessità di creare una vera e propria “polizia di fiume” - . La Regione tiene gli uffici dell’Arpa sottodimensionati e privi di risorse adeguate. I carabinieri forestali sono pochissimi in relazione al territorio di competenza e sappiamo che fanno più del possibile ma non possono essere lasciati soli. Occorre che la Regione si attivi per coordinare le varie forze di polizia , compresa la polizia locale, doti gli uffici dell’Arpa di personale sufficiente e di attrezzature adeguate”.