CHRISTIAN SORMANI
Cronaca

Il processo alla mantide di Parabiago, l’ex amante di Adilma:“Era a caccia di un sicario”

Le dichiarazioni spontanee di Massimo Ferretti sull’omicidio di Fabio Ravasio: “Ero innamorato di lei anche se mi trattava male. Il piano ideato nel mio bar”

Adilma Pereira Carneiro, 49 anni, è a processo per l’omicidio di Fabio Ravasio

Adilma Pereira Carneiro, 49 anni, è a processo per l’omicidio di Fabio Ravasio

Parabiago (Milano) – Un’ossessione, un piano diabolico e una vittima destinata a morire. Massimo Ferretti, l’ex amante di Adilma Pereira Carneiro, brasiliana di 49 anni a processo con lui e altre cinque persone per l’omicidio di Fabio Ravasio, compagno della donna, davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Busto Arsizio presieduta da Giuseppe Fazio ha ammesso di essere stato spettatore consapevole del delitto: “Sapevo tutto, ma non ho fatto niente per impedirlo”. Il tutto rendendo alla Corte dichiarazioni spontanee durante l’udienza di ieri mattina, che hanno svelato i dettagli di una vicenda inquietante, che si è consumata il 9 agosto scorso a Parabiago, quando Ravasio fu travolto e ucciso da un’auto che inizialmente si pensava fosse pirata.

Ferretti, barista molto conosciuto a Parabiago, già protagonista di un tentativo di giustizia riparativa con la richiesta di perdono ai familiari della vittima, ha ripercorso il suo rapporto con Adilma, la cosiddetta “mantide“. Una relazione segnata dalla manipolazione e dall’ossessione, come ha spiegato lui stesso ai giudici: “Conobbi Adilma due anni fa nel mio bar a Parabiago. Era venuta con il suo santone, faceva degli strani riti di purificazione, così li chiamavano, talvolta usando animali morti. Mi innamorai di lei, ma era un legame patologico, non era amore. Ci trovavamo in motel o a casa sua. Poi mi trattava male, eppure io non riuscivo a staccarmi da lei, anzi andava sempre peggio”.

Adilma, progressivamente, avrebbe così coinvolto Ferretti in un piano omicida, sostenendo di essere vittima di violenze da parte di Ravasio, dipinto come un vero e proprio mostro fra le pareti domestiche. “Ci raccontava che la picchiava, che quella persona era diabolica e che molestava pure i figli. Noi le dicevamo di lasciarlo, ma lei diceva di avere paura, aveva il terrore di essere picchiata e stalkerizzata”.

Adilma, per l’ex amante, insisteva per trovare un killer. “Spingeva me tramite un conoscente (un certo Tony) di andare a cercare un sicario per uccidere Ravasio. Continuava ad insistere, tanto che io fingevo di chiamare persone per cercare qualcuno che lo uccidesse. Poi, alla fine, mi ha detto di non avevo abbastanza coraggio ed era voluta andare lei a cercarlo a Milano ma ci disse che servivano fino a 100mila euro, soldi che lei non aveva, così aveva coinvolto altra gente di paese, che frequentava il bar, per ideare un omicidio, facendolo sembrare un tragico incidente stradale”. Ferretti spiega che tutti i coinvolti, tranne il meccanico Fabio Oliva, fossero a conoscenza del progetto e che gli incontri della banda avvenivano sempre nel suo bar, il Maison cafè.

In un primo tempo a bordo dell’auto ci dovevano essere altre persone alla guida, come Mirko Piazza o Marcello Trifone, secondo marito di Adilma, anche lui a processo e che sarà sottoposto a perizia psichiatrica. “Lei però non si fidava”. E al volante finì il figlio della donna, Igor Benedito, sempre su sua indicazione: è toccato a lui schiacciare sul pedale dell’acceleratore e travolgere Ravasio. Ferretti conclude: “Ha portato sette uomini a commettere un piano diabolico, sette persone per la maggior parte incensurate, manipolate da una sola persona. Quello che ho raccontato è l’assoluta verità”. Nella prossima udienza, del 7 aprile, altri due imputati dovrebbero rilasciare dichiarazioni spontanee.