REDAZIONE LEGNANO

Bambino di 6 anni "avvicinato" da un procuratore senza scrupoli

Il papà di buon senso non ci sta e si ribella: "Preferisco far giocare mio figlio con gli amici"

Giovani calciatori (immagine d'archivio)

Legnano (Milano), 9 novembre 2015 - Succede che perfino il mondo del calcio giovanile dilettantistico si piega alle logiche del profitto. La storia raccontata da un papà il cui figlio gioca nella categoria pulcini di una squadra di calcio della zona è emblema di un sistema che troppo spesso dimentica il proprio scopo educativo, trattando i piccoli giocatori come merce di scambio o come una sorta di «investimento» a basso rischio. Tutto è cominciato quando la squadra satellite di un’importante società a livello nazionale ha richiesto il bambino: «Anni fa ho giocato anche io nelle giovanili di questa società – ha raccontato il padre – so come funziona: se non sei un fenomeno resti fuori, o giochi cinque minuti in amichevole. All’epoca ero rimasto indietro con gli studi e non frequentavo più i miei amici; insomma: qualcosa che non augurerei a nessuno. Non era questo che volevo per mio figlio e ho detto no per lasciarlo a giocare dove si divertiva».

La squadra in questione aveva tentato di allettare il genitore parlando dei diversi tornei internazionali ai quali il bambino avrebbe partecipato. Piccolo dettaglio, le spese del viaggio e dell’albergo sarebbero state a carico dei genitori, che avrebbero anche dovuto accompagnarlo: «Con il mio lavoro è impensabile spendere qualche migliaia di euro l’anno per seguirlo in giro per l’Europa». Al rifiuto del genitore ecco la reazione della squadra in cui gioca il bambino: «Non mi hanno parlato per un po’. Avrebbero voluto usare mio figlio per avere i premi valorizzazione, soldi che vengono intascati dalle società minori se il piccolo calciatore dovesse salire di categoria in un futuro». In tutto questo mercato che non tiene conto della volontà del bambino solo la scelta risoluta di un genitore può evitare che i giovani calciatori siano trattati come una merce. Spesso, infatti, sono le eccessive aspettative dei papà e delle mamme il vero problema.

«In seguito ho parlato con una persona vicina al mondo del calcio professionistico, che mi ha fatto intendere di poter piazzare mio figlio in una delle squadre con cui è in contatto in cambio della procura sul bambino, tentativo che ho respinto al mittente. Un procuratore per un bambino di sei anni!». Insomma, per veder giocare il proprio figlio questo genitore avrebbe dovuto piegarsi ad una pratica vietata dalla Federazione Italiana Gioco Calcio per i minori che giocano in quadre non professionistiche: «La questione di fondo è il bene del bambino. Pur di lasciarlo con i suoi amici l’avrei spostato nella squadra del paese vicino».

di FRANCESCO PELLEGATTA