
Giorgio Ortolani con Paula Sesma
Magenta (Milano) - La sua colpa è stata quella di essersi rifiutata di entrare a pulire il pavimento di un locale dove si trovavano dei quadri elettrici. "Avrei dovuto farlo con indosso solo le ciabatte e i calzoncini, praticamente come sono vestita quando faccio l’assistente di vasca in piscina. Mi fosse successo qualcosa la responsabilità era solo mia, avendo io firmato, al momento dell’assunzione, un documento sulla sicurezza. Documento che chiaramente mi vieta di svolgere certe mansioni senza indossare vestiti o scarpe antinfortunistiche". Una settimana dopo aver manifestato le sue perplessità davanti a un gruppo di colleghi, altri collaboratori sportivi come lei, ha saputo che non sarebbe stata riconfermata al lavoro. Per tutelare la sua salute... ha perso il posto di lavoro. Vittima di questo supruso è una donna, Paula Semsa , da diversi anni occupata come collaboratrice sportiva in palestre e piscine della zona. In Italia ci sono 500mila persone occupate nelle strutture sportive. L’80% è assunto dai gestori - in gran parte rappresentato da società sportive dilettantistiche - come collaboratori occasionali. "Sono lavoratori privi di ogni diritto - afferma Giorgio Ortolani (nella foto con paula Semsa) , sindacalista NIdil Cgil Ticino Olona -: non hanno l’indennità di malattia, nessuna copertura Inail in caso di infortunio, nessuna identità di disoccupazione, nessun riconoscimento in caso di maternità. Con quei pochi soldi che prendono non hanno neanche la possibilità un domani di accedere alla pensione pubblica". "Se voglio fare le ferie con la mia famiglia devo assentarmi dal lavoro e per quelle settimane non vengo pagata" dice ancora la lavoratrice licenziata.
"Anche se mi prendo un raffreddore o una storta al piede resto a casa senza alcun stipendio né contribuzioni da parte di Inps o Inail". Per la maternità c’è una eventualità che venga riconosciuta a queste lavoratrici dall’anno prossimo. "Il governo Draghi ha recepito un disegno di legge sostenuto dai sindacati ed approvato dal governo Conte ma ha procastinato l’attuazione al gennaio del prossimo anno" spiega Ortolani. "In Italia hanno diritto ai periodi di astensione obbligatoria per maternità le donne che lavorano, dipendenti, autonome e collaboratrici, e anche le donne disoccupate. Ci pare quindi assurdo che il Governo e il Parlamento italiano ritengano che le donne che lavorano in ambito sportivo non possano usufruire dell’astensione obbligatoria per maternità". In questo settore il sindacato ritiene che ci sia una grossa evasione contributiva. "Non capiamo perché si continua a tollerare che le società camuffino con la dicitura del collaboratore sportivo persone che sono dei veri e propri dipendenti. Già ci sono delle sentenze che condannano questo modo di operare. Di recente a Genova 96 lavoratori di una palestra assunti come collaboratori sono invece stati riconosciuti dai giudici come dipendenti. Così anche per 15 lavoratori di una società sportiva romana. Per questo auspichiamo molte più ispezioni da parte dell’Inps per mettere un freno a queste illegalità".