Parabiago (Milano) - Il Mondiale vinto nel 1982, quello perso l’anno prima, quello che avrebbe potuto vincere nel 1978, la volata perfetta, la rivalità, mai sopita, con Moser. Giuseppe Saronni, nella sua Parabiago, al fianco dei suoi tifosi, ha raccontato tutto questo in occasione della festa per il 40° anniversario della maglia iridata. Nel 1981 a Praga Saronni perse il Mondiale, "perché non ebbi l’aiuto dei compagni di squadra". L’anno dopo "non potevamo più permetterci di perdere ancora, in primo luogo perché avevamo una squadra forte e poi perché non volevamo essere da meno dei nostri amici calciatori che avevano vinto il Mondiale due mesi prima". Ma a Goodwood Saronni è in Nazionale con un solo compagno di squadra, mentre il rivale Moser ne ha due. "Martini quell’anno ha lavorato davvero bene. Non solo nei mesi di vigilia della corsa. Per tutto l’anno ha lavorato per farci andare il più possibile d’accordo. La squadra era unita e io ero il corridore che doveva vincere. Non c’erano antagonismi tra di noi".
Ha rischiato non partire. "Appena arrivati in Inghilterra abbiamo voluto andare a vedere l’arrivo. Ci eravamo dimenticati che nel Regno Unito le auto, le moto e le biciclette viaggiano in senso opposto al nostro. Ad ogni bivio, ad ogni incrocio abbiamo rischiato di farci investire...". Quell’anno l’esito del mondiale è stato indeciso fino alla fine e il risultato si è deciso soltanto all’ultimo chilometro, tenendo tutti col fiato sospeso. «All’inizio dell’ultimo giro ho provato ad allungare. Subito alcuni compagni mi hanno raggiunto. Cosa stai facendo, è presto. Mi dissero. Tranquilli, risposi. Ho solo provato la gamba". "Moser mi stava davanti ma poi a due chilometri dal traguardo si è fatto da parte". L’ultimo azzurro a cedere, prima della volata, è stato il varesino Alfredo Chinetti. "Dopo qualche corsa – dice oggi Saronni – lo incontro e gli dico: “Alfredo, non è che tu in quell’ultima fuga, dove dovevi solamente restare a ruota degli avversari, ti era venuta qualche idea strana? Se andavi all’arrivo? Bè Giusep, mi disse, avrei fatto la mia corsa...“". «Prima dell’ultima curva ho cambiato rapporto e sono partito. Mi sentivo troppo bene, nessuno me l’avrebbe tolta quella maglia". Sul podio sale senza scarpe. "Tutta colpa di quei poliziotti inglesi che mi hanno isolato dalla folla dopo l’arrivo: mi pestarono il piede che era già indolenzito. Che dolore...".