Lodi, 13 ottobre 2020 - Espansione di tempi, spazi e orizzonti: l'undicesima edizione del Festival della Fotografia etica non solo si allarga negli spazi pubblici e all'aperto, si estende di un week end in più, ma mantiene come sempre la promessa di allargare lo sguardo di chi osserva, su fatti noti e meno noti del nostro tempo. È storia di popoli, in un percorso tra gli undici luoghi espositivi visitabili ogni weekend fino al 24-25 ottobre dalle 9.30 alle 20. “Amore mio” di Antonio Faccilongo (Palazzo Modignani – spazio sguardo sul Mondo nuovo), racconta la crisi mediorientale attraverso le mogli dei prigionieri palestinesi e dei loro figli concepiti in vitro attraverso le sbarre; “I diseredati” di Mary Turner (palazzo Barni – spazio World report award, premio “Spotlight”), sulla crisi dei ceti sociali svantaggiati dalla fine della tradizione mineraria in Inghilterra; “Il risveglio di voci antiche” di Ernesto Pablo Piovano descrive la lotta per la sopravvivenza dei mapuche in Sudamerica (parco Isola Carolina – sezione Madre Terra). Vite appese a un filo di ecosistemi in crisi, come racconta Dario De Dominicis, vincitore della nuova categoria “Madre Terra” con “To the left of Christ”: nella baia di Guanabara, porto naturale di Rio de Janeiro, lo sviluppo industriale sconvolge gli equilibri a discapito della pesca tradizionale da cui dipendono gli abitanti locali (vincitore premio “Madre terra”, palazzo Barni). Aaron Vincent Elkaim descrive le difficoltà dei nativi Manitoba, in Canada, a seguito della crisi del settore idroelettrico (“A state of erosion”); Jasper Doest porta una nota di leggerezza con Flamingo Bob, storia di un fenicottero che a seguito di un trauma cranico dopo aver sbattuto volando contro una finestra è divenuto mascotte di un centro di cura per questi splendidi volatili. È il racconto di eventi globali, per mesi sotto i riflettori, ma osservati con occhi nuovi al palazzo della Provincia (spazio Sguardo sul mondo nuovo), come l'infernale “Estate nera” australiana di Matthew Abbott, che a inizio 2020 ha attraversato una stagione di incendi senza paragoni, oppure le “Visioni contrastanti” di Hong Kong, secondo i fotografi di Afp che hanno seguito la protesta contro Pechino e “Una nazione divisa”, così ben espressa dalle scelte compositive di Andrew Testa sul Regno Unito post Brexit. Fatti celati agli occhi dei più, come il memorabile “Nothing personal – the back office of war”, un viaggio nel “dietro le quinte” degli affari degli armamenti per difesa e “l'ufficio-nel-retro” della guerra, interpretato dal Nikita Teryoshin (vincitore categoria Master) persino con una punta ironica di street photography. Oppure, il racconto intimo nel mondo della vitiligine, da Cuba all'estremo oriente di Rosa Mariniello (“Vitiligo”), vincitrice della categoria Short story e il lavoro di Giovanni Mereghetti “Oltre il muro”, sulla vita dei detenuti dopo il carcere, per Ce.svi.p Lombardia. Non poteva mancare una certa attenzione sul virus che ha sconvolto la vita in Italia e nel mondo. Francesca Mangiatordi si aggiudica la sezione “Single shot” con lo scatto che ritrae l'infermiera di Cremona esausta sul computer, mentre Ingmar Björn Nolting ottiene il premio “Student” con il rigorosissimo lavoro “Measure and Middle”, viaggio attraverso la Germania durante il lockdown (palazzo Barni). A palazzo Prefettura Alessio Romenzi segue Medici Senza Frontiere in azione nel Lodigiano durante l’emergenza Covid. (“Don't leave me alone”). E per la prima volta il Festival esce da Lodi, con una location allestita nel municipio di Codogno, dove tutto è iniziato (“La vita al tempo del coronavirus”), in un percorso tematico insieme alla mostra della Croce Rossa nel Chiostro dell’Ospedale Vecchio (“Il tempo della gentilezza” di Michele Porcelluzzi). Lo spazio No Profit, è dedicato al “One day, I will” promosso dall'Onu: il fotografo francese Vincent Tremeau ritrae bambine di etnie diverse, ritratte nei panni di cosa sognano di diventare da grandi: medico, insegnante, poliziotta… per evidenziare il ruolo cruciale dell'istruzione per le bambine nelle crisi umanitarie, con l’obiettivo di garantire la loro sicurezza e le opportunità future. Nel programma che include 80 fotografi da tutto il mondo per 22 mostre, va segnalato un altro spazio del tutto nuovo: “Storie di Coraggio”, nell’ex Chiesa dell’Angelo, con una mostra di grande impatto emotivo: Maggie Steber in “La storia di un volto”, documenta il primo trapianto facciale negli Stati Uniti alla più giovane paziente della storia: Katie Stubblefield. Il Premio Voglino quest’anno è stato invece assegnato al torinese Giorgio Negro e al suo “Pathos”, racconta la dualità Bene e Male, sempre affilata durante il tempo di guerra e che il fotografo ha sperimentato in prima persona (Banca Centropadana). Da non perdere, lo spazio World report Aword, che riunisce i vincitori delle varie categorie a Palazzo Barni e il circuito Off di mostre fotografiche, esposte in negozi, bar, ristoranti, gallerie, circoli culturali e aree pubbliche della città. Lo scopo è di valorizzare e diffondere le opere di chiunque voglia proporre le proprie realizzazioni. Per questo motivo non ci sono vincoli tematici o di genere, in quanto il circuito Off non è inteso come estensione del programma principale del Festival della Fotografia Etica.
Cosa FareFestival fotografia etica: a Lodi gli scatti di 80 fotografi da tutto il mondo