Lodi, 22 agosto 2024 – “Contate 512 ore di lavoro mensili invece delle 169 previste dal contratto”, scatta una misura cautelare personale per il titolare. Nel mirino del comando provinciale della guardia di finanza di Lodi è finito, con l’accusa di caporalato, un imprenditore agricolo del Lodigiano.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lodi ed eseguite dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lodi, con la collaborazione di ispettori dell’Inps, hanno fatto scattare il divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per la durata di un anno. Lo ha deciso il giudice per le indagini preliminari nell’ambito dell’operazione Agros, volta a combattere un fenomeno che, oltre a penalizzare i lavoratori e l’equità sociale, costituisce un grave ostacolo allo sviluppo economico e distorce la concorrenza.
Il quadro probatorio ha indotto l’Autorità Giudiziaria ha formulare l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 603 bis del Codice Penale (intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro) a carico del rappresentante legale dell’azienda agricola.
Le accuse
Secondo gli inquirenti, l’indagato avrebbe fatto sistematico ricorso all’utilizzo di manodopera irregolare per la coltivazione e la raccolta di ortaggi. Ai lavoratori, pressoché tutti di origine extracomunitaria, venivano infatti imposte ore di lavoro ben superiori alle 169 mensili previste dal contratto nazionale del lavoro. Dalle indagini è infatti emerso che, nei mesi della raccolta, i dipendenti lavorassero, senza la possibilità di fruire di permessi o riposi, mediamente per un numero di ore mensili pari al doppio di quelle previste da contratto, con punte fino a 512 ore mensili. Tale eccedenza di ore di lavoro, non dichiarata agli Uffici finanziari e previdenziali, ha riguardato, dal 2017 al 2023, un complessivo numero di 1.054 posizioni lavorative irregolari, con un’evasione contributiva e fiscale quantificata in circa 3 milioni di euro.
Le indagini
Secondo quanto emerso dalle indagini, l’imprenditore faceva leva sullo stato di necessità dei lavoratori, a molti dei quali venivano peraltro fornite soluzioni alloggiative precarie, degradanti e sovraffollate, facendo anche pagare una quota relativa alla concessione del posto letto e delle utenze. Il tutto attraverso la decurtazione dello stipendio.