CARLO D’ELIA
Cronaca

Lodi e Codogno, il virus negli ospedali: "Non siamo tutelati"

Dipendenti mandati in corsia pur se in quarantena fiduciaria. I sindacati: "Una gestione così è un rischio per tutti"

L’ingresso dell’ospedale Maggiore di Lodi

L’ingresso dell’ospedale Maggiore di Lodi

Lodi, 8 dicembre 2020 - La Cardiologia dell’ospedale di Lodi è falcidiata. Sono quattro i medici e una decina gli infermieri risultati positivi al virus. A questi poi si aggiunge il medico di Emodinamica, anche lui positivo al Covid e a casa in quarantena. In Pneumologia quattro positivi, in Ginecologia altri tre positivi a casa e altri tre in Ortopedia. All’ospedale di Codogno ad allarmare è la Chirurgia, il reparto che da mesi è stato unito alla Medicina: su sette chirurghi, cinque sono stati contagiati dal virus.

Questa la situazione nell’Asst lodigiana dove, dopo il focolaio nei reparti Covid free di Lodi e Codogno, ieri sono arrivati 5 medici e 5 infermieri dal Centro medico ospedaliero (Com) di Milano. Sei (tre medici e tre infermieri) sono già entrati in servizio al Maggiore. A Codogno, invece, ieri non si era visto ancora nessuno, come confermava anche il sindacalista Fisi Gianfranco Bignamini. L’emergenza preoccupa dipendenti e sindacati Fisi e Confsal di Lodi che chiedono più tutele all’Asst di Lodi per le condizioni di lavoro di chi opera in corsia.

Da mesi è in vigore una circolare regionale che permette agli ospedali lombardi di riportare in corsia il personale in quarantena fiduciaria. Una soluzione che riguarda - ovviamente - anche il personale sanitario degli ospedali lodigiani, oggi al centro di un focolaio, e che è confermata da un dipendente di uno dei quattro presidi lodigiani. "Io a ottobre ero in quarantena fiduciaria a casa perché un mio convivente era risultato positivo al virus – spiega il dipendente –. Dall’Azienda mi avevano chiesto di rientrare perché non riuscivano a coprire tutti i turni. In pratica ero autorizzato a uscire di casa solo per andare al lavoro. Una gestione di questo tipo è un rischio per tutti".

In sostanza se un infermiere o un medico sa di essere stato a contatto con una persona positiva va lo stesso al lavoro e finisce il suo turno, ma deve sospendere l’attività solo, secondo quanto deciso dalla Regione, "nel caso di sintomatologia respiratoria o esito positivo". Inoltre nel periodo di sorveglianza attiva, che coincide con il tempo della quarantena, sono tenuti a rispettare la quarantena nelle restanti parti della giornata, ovvero nel tempo extra lavorativo.

Preoccupato il sindacalista Confsal Lodi, Stefano Lazzarini. "Il personale è arrabbiato e esasperato dalla cattiva gestone dell’Asst di Lodi – dice –. Servono tutele. Così si mette a rischio il personale, spesso costretto anche a doppi turni, e ovviamente i pazienti".