Maietti
All’osteria (qualcuna ce n’è ancora nella Bassa) si deve aver agio di parlare e di ascoltare. Anche un bar moderno può essere osteria. Se puoi sederti con amici e parlare del mondo e della vita. Parole circoscritte all’orizzonte di un fiume e un campanile, ai confini di una piazza dove senti rintoccare la mezzanotte dal campanone del duomo. Se il barista è così discreto da lasciarti in pace quando è il caso, e così poco discreto da confidarti il suo di amaro, quando tu ti sei lasciato andare a parlargli del tuo. E così comprensivo da non aver fretta di abbassare la claire, quando non hai voglia di tornare a casa. Osteria era anche uno scomparto di treno pendolare, dove ognuno aveva un posto fisso e la partita a briscola chiamata cominciava a Rogoredo e a malincuore si riponevano le carte quando il treno rallentava in vista della stazione di Lodi. E persino uno stadio di calcio può essere osteria. La Dossenina di Lodi, per esempio, dove la partita del Fanfulla (serie D) è il pretesto per passare insieme un pezzo della domenica, come i tifosi di Umberto Saba, contenti di stare così "intirizziti uniti, come ultimi uomini su un monte, a guardare di là l’ultima gara". Non è improbabile che Saba sia davvero passato una domenica dalla Dossenina. Erano gli anni Trenta del secolo scorso e Saba frequentava Milano, ospite di Montale. Una domenica in gitarella a Lodi con l’amico. Attratti dal brusio del vicino stadio-osteria della Dossenina. Adesso le vogliono chiudere le osterie, in nome di discutibili norme di sicurezza. Chi garantisce che siano garantite le suddette norme dai grandi autogrill, dalle mense aziendali, dai ristoranti cinque stelle? Ma alcune resisteranno, si faranno reliquie, catacombe. Vi irromperanno gli sbirri, prima o poi. Molti di loro, assaggiato un cucchiaio di trippa, ingollato un sorso di Bonarda, capirebbero e – stracciato il verbale – si unirebbero al coro: "O mia Rosina tu mi piaci tanto, siccome il mare piace alle sirene".