
Da sinistra, l’ex sindaco Simone Uggetti e l’avvocato Pietro Gabriele Roveda
Lodi - «La Corte di cassazione non dice alla Corte d’Appello di Milano che gli imputati sono colpevoli di turbativa d’asta. Censura la Corte di Milano più sul metodo che non nel merito. Riteniamo quindi che ci sia ancora spazio per una sentenza assolutoria". Questo il commento dell’avvocato Pietro Gabriele Roveda che difende l’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti nel cosiddetto “caso piscine”, dopo la pubblicazione, avvenuta lunedì, delle motivazioni con cui la Suprema Corte, il 31 marzo scorso, aveva annullato la sentenza di Appello che (il 25 maggio 2021) aveva assolto lo stesso Uggetti, l’avvocato Cristiano Marini e il dirigente comunale Giuseppe Demuro.
Erano accusati di “turbata libertà degli incanti” in relazione alla gara che portò, nella primavera del 2016, all’aggiudicazione della gestione delle piscine scoperte del Belgiardino e di via Ferrabini alla società Sporting Lodi. In primo grado, a fine novembre 2018, invece Uggetti era stato condannato a 10 mesi, l’avvocato Marini a 8 mesi e il dirigente comunale Demuro (a 6 mesi). Con loro era stato condannato (sempre a 6 mesi) anche l’imprenditore Luigi Pasquini, all’epoca dei fatti presidente della Wasken Boys. Per quest’ultimo la Cassazione ha confermato l’assoluzione in quanto "non è dedotto alcunché di specifico sulla sua posizione, in particolare riguardo alla fase che condusse alla pubblicazione del bando".
"Rispetto alla sentenza di primo grado – motivano i giudici della sesta sezione penale – non è stato spiegato perché quelle descritte dal Tribunale sarebbero state solo irregolarità formali inoffensive in quanto inidonee a turbare la gara; perché quel continuo contatto tra l’organo politico e Marini sarebbe stata solo una informale consulenza, considerato che Marini interloquì con il sindaco in quanto non esperto della materia, ma come portatore di interessi di Sporting Lodi, cioè di un soggetto che era interessato alla gara; come mai Uggetti non sentì il bisogno di ascoltare anche altri soggetti della società civile, interessati alla gara e fu consentito ad un soggetto terzo, il principale soggetto interessato a quel procedimento, di incidere, di condizionare, di determinare il contenuto del bando, di mutare in più occasioni le bozze che la Uggè (Caterina Uggè, la dipendente comunale che aveva denunciato l’accaduto, ndr ) aveva predisposto, di quantificare i punteggi dei singoli criteri presi in considerazione. Secondo la Cassazione inoltre non viene spiegato in Appello neppure perché furono reiteratamente portate a conoscenza di un aspirante concorrente le bozze del bando, cioè atti che dovevano rimanere all’interno della pubblica amministrazione.
«La Cassazione - ribadisce l’avvocato Roveda - sostanzialmente dice che manca la “motivazione rafforzata”, ossia che la Corte d’Appello arrivando all’assoluzione degli imputati condannati in primo grado deve motivare precisamente perché il primo giudice ha sbagliato. Inoltre la Cassazione invita a valutare se l’incriminazione sia per turbata libertà degli incanti o per turbata libertà nella scelta del contraente, una questione che noi difensori tra l’altro avevamo già preso in considerazione". "A questo punto la Corte di Appello di Milano dovrà affidare il fascicolo a una sezione diversa – aggiunge – e noi svilupperemo le nostre memorie per dimostrare come non ci sia stata turbativa. Prevediamo che per questo quarto grado di giudizio si possa arrivare verso primavera o estate del 2023 se non all’autunno".