Milano, 7 febbraio 2020 - Famiglie di ferrovieri, quelle di Mario Dicuonzo e Giuseppe Cicciù, le due vittime del deragliamento del Frecciarossa. Entrambi macchinisti, entrambi originari del Sud Italia e residenti nell’hinterland milanese: Mario casertano 59enne, abitante a Pioltello, la città che ancora non si è ripresa dal disastro di due anni fa, e Giuseppe, 51enne di Reggio Calabria trasferito, insieme alla madre, a Cologno Monzese. Un territorio, quello della periferia milanese, sconvolto dalla tragedia.
A Pioltello la notizia della morte di Mario Dicuonzo è arrivata di prima mattina, come un pugno nello stomaco, troppi i ricordi che legano la città al sangue sui binari. "Nel 2016 la nostra concittadina Donata Pepe ha perso la vita nel deragliamento di Corato, due anni fa sul nostro territorio abbiamo assistito a un incidente con 3 morti e 46 feriti, ora abbiamo perso un macchinista. Non vogliamo capri espiatori, qualcuno deve fare luce su ciò che sta accadendo in Italia", è lo sfogo della prima cittadina Ivonne Cosciotti. Oggi bandiera a mezz’asta e lutto cittadino, alle 11 tutta la città – scuole, associazioni, negozi e attività produttive – si fermerà "per un momento di raccoglimento e preghiera". Cologno ha proclamato il lutto cittadino nel giorno delle esequie.
La famiglia di Giuseppe si è stretta nel silenzio. "In questo momento non ci sentiamo di parlare. Sua moglie, come capirete, è sconvolta", dicono al citofono parenti e amici che si sono stretti attorno alla famiglia Cicciù. Attivo nel sindacato, attivo nell’associazione dei genitori della scuola media del figlio, attivo persino nel condominio, dove era consigliere di scala, a Cologno Monzese chiunque avesse incontrato Giuseppe lo ricorda come "una persona impegnata, di grande energia e soprattutto di grande cuore". "Era divertentissimo, la mattina ci rallegrava sempre con storie e battute. Era un po’ il nostro Fiorello", racconta un ferroviere. Atleta da ragazzo, a Reggio Calabria, poi la passione per la squadra di calcio locale e per l’Inter. Papà ferroviere, scomparso 30 anni fa, così come il fratello di Mario, Murizio, vive e lavora a Piacenza e conduce i treni del trasporto regionale lungo la linea Milano-Bologna. Potevi beccarli, entrambi, in una delle tante stazioni della tratta dell’alta velocità. Come era capitato a don Alessandro, parroco della chiesa vicina casa di Giuseppe. "Ero a Napoli e l’ho trovato sulla banchina. Rientrava anche lui a casa".
È stato un messaggio inviato di prima mattina attraverso WhatsApp ad avvertire il sindaco Cosciotti che qualcosa non andava. "La moglie di Mario Dicuonzo è amica di una mia collega – confessa il primo cittadino di Pioltello –, anche se non ci siamo mai conosciute personalmente". Poi, qualche ora più tardi, la richiesta arrivata in Comune di un controllo anagrafico da parte dei carabinieri è stata un pugno nello stomaco per tutti. In un post su Facebook, lo scorso ottobre, Cicciù scriveva: "La prevenzione è sempre l’arma migliore". E Dicuonzo non era stato solo uno dei primi a guidare i treni sull’Alta Velocità, aveva contribuito a formare e addestrare altri macchinisti nella guida dei Frecciarossa Esperti , tra i primi impiegati sull’Alta Velocità sin dalla sua nascita, benvoluti dai colleghi. Avevano passato la loro vita sui treni e su un treno sono morti Mario Di Cuonzo e Giuseppe Cicciù, i due macchinisti alla guida del Frecciarossa deragliato. Per le "due nuove vittime del lavoro", ha subito espresso il suo cordoglio il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.