Frecciarossa deragliato: "Inversione dei fili nel deviatoio ritenuta impossibile"

Gli esperti in aula: l’Alstom non aveva previsto sistemi di controllo per questo errore

Frecciarossa deragliato: "Inversione dei fili nel deviatoio ritenuta impossibile"

Gli esperti in aula: l’Alstom non aveva previsto sistemi di controllo per questo errore

È proseguito ieri in tribunale a Lodi il processo per il deragliamento del treno Frecciarossa avvenuto in territorio di Livraga il 6 febbraio 2020. Sono stati sentiti in coppia Fabrizio D’Errico, professore del politecnico, e l’ingegner Roberto Lucani (esperti di lungo corso nelle indagini ferroviarie) che in qualità di consulenti del pm Giulia Aragno, hanno esposto la loro relazione tecnica sull’incidente. Il docente ha spiegato come "viste le cause poteva andare molto peggio, soprattutto per la vicinanza dell’autostrada". In particolare, ci si è concentrati sul deviatoio che ha provocato l’incidente, e sulle procedure dell’azienda Alstom dedicate ai controlli. Il convoglio era partito da Milano ed era diretto a Salerno. Uscì dai binari in corrispondenza di uno scambio tra Livraga e Ospedaletto, causando la morte dei due macchinisti, Giuseppe Cicciù, 51 anni di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello. E 32 persone rimasero ferite. Fabbricato da un’officina di Alstom Ferroviaria l’anno prima del disastro, il deviatoio era stato installato poche ore prima del deragliamento e l’anomalia, due fili invertiti all’interno a causa di un operaio che scambiò il filo 16 con il 18, non era stato notato né dai controlli Alstom né dagli installatori di RFI. Così il treno deragliò a quasi 300 chilometri orari. "L’attuatore installato dai manutentori di Rfi sullo scambio non rispettava i requisiti “sicuro in caso di guasto” richiesti alle apparecchiature ferroviarie" hanno sottolineato gli esperti. Come si è spiegato poi Alstom non era preparata a notare il difetto nel deviatoio, non solo perché il tavolo di collaudo nell’officina non aveva la capacità di vedere questo tipo di guasti, ma anche perché "il regolamento interno di analisi dei rischi non prevedeva questo tipo di vizio, non era conosciuto né previsto, per essere esatti era ritenuto un evento non credibile. Nelle procedure non era neanche indicato un numero preciso di operatori che in loco dovessero controllare" ha spiegato il professor D’Errico.

La pm ha chiesto come mai il controllo degli operai RFI in loco, sui binari, non potesse bastare a notare guasti. "Perché è ridondante – ha risposto il docente –. Se per evitare l’errore umano metto un altro controllo umano c’è ancora una possibilità di errore, non si elimina la possibilità dell’errore". Il processo punta a capire chi dovesse mettere in atto tutte le procedure per non arrivare all’incidente. Si riprenderà martedì prossimo. I difensori dei cinque imputati porranno le loro domande al professore D’Errico e all’ingegner Lucani. Ieri ha seguito l’udienza anche la neo procuratrice di Lodi Laura Pedio.

Luca Pacchiarini