Lodi – Nuova udienza, ieri nel palazzo di giustizia di Lodi, per il processo dedicato al deragliamento del Frecciarossa 9595 Milano-Salerno avvenuto all’alba del 6 febbraio 2020 all’altezza di Livraga. Durante tutta la giornata di ieri sono stati ascoltati i primi tre imputati (sono cinque complessivamente in questo filone, ossia un un dirigente di Rfi e quattro tra manager, tecnici e operai di Alstom Ferroviaria accusati di disastro ferroviario colposo e duplice omicidio colposo dopo che due manutentori di Rfi sono già stati condannati, in abbreviato, a tre anni di reclusione).
Il primo ad essere sentito è stato l’operaio Alstom Ferroviaria che, secondo l’accusa, avrebbe fatto l’errore nel montare l’attuatore che poi, difettoso, ha causato il tragico incidente in cui persero la vita i due macchinisti, Giuseppe Cicciù, 51 anni di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59 anni, di Pioltello. Inoltre 32 persone rimasero ferite. Nel montare l’attuatore l’operaio avrebbe invertito due fili, il 16 con il 18, e l’errore non è stato notato né dai controlli Alstom né dagli operai di RFI (Rete Ferroviaria italiana). Uscito dall’officina Alstom di Firenze l’anno prima del disastro, l’attuatore era stato installato nel deviatoio poche ore prima del deragliamento.
L’operaio sentito ieri in Aula non ha riconosciuto completamente l’errore del lavoro da lui “firmato”, sostenendo che non può garantire se poi altri hanno messo mano su quel pezzo. Ha altresì evidenziato che l’errore di invertire i fili sia molto banale, ovvero che è un errore in cui è semplice cadere, questo perché si parla di fili da posizionare manualmente in determinati spazi.
Su questo argomento l’operaio ha specificato come, con l’aggiunta di nuovi test dopo l’incidente da parte della società Alstom, in particolare l’ “extratest”, abbia personalmente visto numerosi attuatori essere bloccati prima di uscire dalla fabbrica.
Come secondo imputato è stato poi ascoltato il collaudatore di Alstom, di turno quando l’attuatore era uscito dalla fabbrica. L’uomo è attualmente in pensione. Egli ha spiegato che ha sentito dire di altri errori di cablaggio simili, ma non li ha mai visti di persona. Ha poi aggiunto che l’area di assemblaggio, in azienda, aveva una scarsa luminosità, specificando di aver compiuto tutti protocolli di sicurezza, usando torce manuali per la luminosità; nonostante ciò non si era accorto dell’errore di cablaggio, nonostante abbia fatto il collaudo visivo, come di norma. È stato infine ascoltato l’ingegnere meccanico capo produzione che ha invece affermato di non avere mai ricevuto segnalazioni di scarsa illuminazione. Il suo esame non è stato completato e riprenderà martedì 3 dicembre. Il collegio punta chiudere l’istruttoria dibattimentale entro gennaio.