LUCA PACCHIARINI
Cronaca

Il disastro di Livraga. Primi testimoni sentiti in Tribunale. Danni per 10 milioni

È entrato nel vivo il processo che vede cinque imputati tra dirigenti, manager, tecnici e operai di RfI e Alstom Ferroviaria. Ascoltato tra gli altri il capo della Polizia Scientifica di Lodi.

Il disastro di Livraga. Primi testimoni sentiti in Tribunale. Danni per 10 milioni

Ieri il processo sul deragliamento del Frecciarossa a Livraga, il 6 febbraio 2020, ha fatto i primi importanti passi. Sono state ascoltate le testimonianze di chi ha lavorato alle indagini e alla ricostruzione della tragedia; visti filmati realizzati poco dopo l’incidente; aperti documenti ed esaminato un rendering in animazione 3D che ricostruisce il disastro. L’udienza di ieri rientra ancora nell’attività istruttoria, ma la grandezza e complessità costringono a tempi lunghi, sono infatti già calendarizzate udienze che da fine maggio arrivano fino a novembre.

Intanto è stata stimata dalla Direzione Generale per le Investigazioni Ferroviarie e Marittime del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti la portata dei danni, che comprende sia il Frecciarossa spezzato in due tronconi sia quelli riportati da oltre 400 metri dell’infrastruttura ferroviaria, che rimase chiusa quasi un mese per le riparazioni: il totale supera i dieci milioni di danni materiali.

Tra i primi a essere ascoltati ieri Luigi d’Agostino, responsabile della Polizia Scientifica di Lodi, sul luogo del deragliamento alle 6.45, un’oretta dopo il disastro. D’Agostino ha raccontato di aver dovuto coinvolgere i colleghi di Milano per la grandezza dell’area coinvolta e per le dimensioni importanti di locomotiva e treno finiti a 295 chilometri all’ora su un binario morto. La locomotiva è deragliata per poi scontrarsi contro tutto quello che aveva davanti – pali della corrente, binari, cartelli – fino al fabbricato di cemento che l’ha fermata e fatta ribaltare fino a ruotare su se stessa, per 650 metri. L’unico vagone a essersi ribaltato è il secondo: un risultato positivo, dal momento che la locomotiva si staccò “volontariamente“ dagli altri vagoni attraverso i sistemi di sicurezza che legano i convogli e che hanno funzionato, evitando così che tutti gli altri viaggiatori venissero coinvolti.

Il bilancio fu di due morti, i macchinisti, e 31 feriti. Presenti ieri in aula i familiari delle vittime (Giuseppe Cicciù, 51 anni, di Cologno Monzese e Mario Dicuonzo, 59, di Pioltello) che hanno dovuto assistere alla descrizione minuziosa della morte dei due macchinisti, sbalzati fuori dalla locomotiva e trovati senza vita a oltre cento metri. Il processo vede imputati un dirigente di RfI e quattro tra manager, tecnici e operai di Alstom Ferroviaria per disastro ferroviario colposo e duplice omicidio colposo.

L’incidente fu causato da un attuatore, installato nelle ore precedenti al passaggio del treno, difettoso per un errore di cablaggio in fase di assemblaggio. Montandolo il 16 giugno 2018 nell’officina Alstom di Firenze, l’operaio avrebbe invertito i fili 16 e 18 nel momento del montaggio. Così il pezzo fu disposto per la deviata anziché che per il corretto tracciato, indirizzando i convogli in arrivo verso i binari di ricovero anziché quelli dell’Alta velocità.

La pm Giulia Aragno ha analizzato e ripercorso tutti i documenti nel capo di imputazione, dai piani di fabbricazione a quelli di scambio del componente, procedimento lungo da dove ripartirà il processo, martedì 28 maggio.