Ossago (Lodi) – Pure la Corte d’Appello di Milano dà ragione ai due lavoratori dell’azienda casearia Stella Bianca di Ossago, stabilendo che i tempi di vestizione prima di iniziare il turno e di svestizione al termine della giornata lavorativa devono essere retribuiti. La prima vittoria era stata sancita dal Tribunale di Lodi esattamente un anno fa quando, appunto, il giudice ribadì che il tempo per accedere allo spogliatoio, spogliarsi dei propri vestiti, indossare gli indumenti da lavoro obbligatori – pantaloni, maglietta, giubbotto, felpa, scarpe – percorrere un corridoio, scendere le scale e accedere all’ingresso dei reparti, indossare la cuffia obbligatoria per i capelli prelevandola dall’apposito contenitore, doveva essere remunerata.
Quindici minuti in totale circa prima e dopo la timbratura del cartellino. I due addetti, sostenuti del sindacato Fisi, l’hanno spuntata e l’azienda è stata costretta a riconoscere loro il pagamento di cinque anni di arretrati. Ora, dopo l’impugnazione della sentenza di primo grado da parte dell’azienda, ecco la seconda vittoria per i due lavoratori: è stata infatti pubblicata la sentenza d’Appello che ha respinto tutte le accezioni alla base del ricorso della società.
Ora il sindacato Fisi annuncia che altri sei lavoratori hanno rivendicato il cosiddetto “bonus vestizione“. "Due hanno già trovato un accordo con la ditta mentre altri quattro seguiranno le vie legali", anticipa Gianfranco Bignamini, referente provinciale del sindacato. La Corte d’Appello, nella sentenza, ribadisce che "nel caso in esame, l’obbligo è imposto dalle esigenze di produzione ed è dunque riferibile all’interesse aziendale e non certo a scelta discrezionale del lavoratore". Mentre anche la tempistica per le operazioni del “tempo tuta“ viene giudicata corretta.
Infine per i giudici "del tutto infondati sono i motivi secondo cui le pause, l’indennità di turnazione nella misura del 6,5 per cento e, per uno dei due addetti, il superminimo, sarebbero già compensativi del tempo tuta".