Lodi - Per chi, la notte tra il 26 e il 27 novembre 2002, si è trovato immerso nelle gelide e torbide acque dell’Adda, che aveva rotto l’argine a monte del capoluogo e attraverso i campi era piombata su quartieri mai toccati prima da un’alluvione fino a lambire la via Emilia, non sembrano passati vent’anni. Il ricordo dell’esondazione, la rabbia di aver ricevuto rassicurazioni dalla Prefettura che aveva deciso di non evacuare, il danno ad auto e beni da buttare e case da ristrutturare, non rientra negli argini come la piena.
Oggi la città è “quasi“ al sicuro. Negli anni è stata abbassata la briglia a valle del ponte, ricostruito l’Isolotto Achilli, realizzati gli argini sull’intera riva destra e, in sponda sinistra, solo a monte del ponte napoleonico. Ora è in corso la realizzazione, a opera di Aipo, dell’ultimo tratto di argine tra via Canottieri e via del Contarico, mentre la parte riguardante il centro ricreativo Canottieri, già finanziata con 1,5 milioni, sarà realizzata dal Comune entro il 2024. Per evitare che il ponte faccia da tappo Aipo prevede entro il 2024 la realizzazione di un canale nella penisola golenale (zona ex Sicc) e l’apertura di un varco sotto la sesta campata del ponte verso l’OltreAdda. Ma c’è anche chi sa già che la propria casa rimarrà in un’area destinata all’allagamento in caso di piena.
E' il caso di Domenico Ossino, già referente del Comitato alluvionati riva destra: "Sono stati fatti interventi sfruttando il rilevato della tangenziale come fosse una difesa spondale. Si è preferito spendere un milione e mezzo invece che proseguire il rialzo dell’argine dall’Isolabella fin dopo la Cascina Barbina, che sicuramente sarebbe costato di più, discriminando così le poche famiglie di quell’area, per ragioni puramente economiche". Ossino sollecita le escavazioni in alveo, "unica soluzione reale per togliere i cumuli di ghiaia che si depositano alterando il flusso della corrente".