È stato convalidato il fermo di Francesco Vailati, l’agricoltore 60enne accusato di aver ucciso giovedì il commercialista 75enne Antonio Novati e di averne abbandonato il corpo sulla sua auto nelle campagne in località Tripoli di Massalengo, vicino alla Cascina Scappadina. Il movente, secondo l’accusa: Novati ha comunicato a Vailati che la sua cascina, venduta all’asta, doveva essere liberata. L’indagato rimane in carcere, il gip ha sottolineato che sussistono "gravi indizi di colpevolezza". Sulla vicenda restano però elementi da chiarire: cosa, sull’aia della Cascina Passerina di Lodi, abbia fatto scattare il raptus del 60enne, che comunque respinge tutte le accuse e anzi dà la colpa a uno straniero. Inoltre restano da trovare l’arma del delitto, il telefonino e la valigetta del commercialista. Intanto domani l’avvocato Alberto Scapaticci incontrerà Vailati.
«Antonio Novati aveva nella sua lunga carriera di professionista eseguito molti incarichi per il Tribunale, sia in qualità di curatore nelle procedure fallimentari sia come custode nelle procedure esecutive. Un collega esperto e preparato, un professionista scrupoloso che amava il lavoro che svolgeva con impegno e dedizione". Così il presidente dell’Ordine dei commercialisti di Lodi, Pierluigi Carabelli, ha ricordato la vittima. "Molti colleghi che eseguono queste funzioni sono lasciati completamente soli. Episodi di violenza si susseguono ormai con una frequenza che allarma. Non lasciamo cadere nell’indifferenza e non bolliamo come mera fatalità un episodio che è solo la punta dell’iceberg".
Ieri anche il presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, Elbano de Nuccio, ha preso posizione: "Siamo di fronte a una situazione estremamente preoccupante che i commercialisti denunciano ormai da oltre quindici anni". I commercialisti uccisi saranno ricordati in occasione degli Stati generali a Roma, il 4 maggio. "Sarà l’occasione per chiedere alla politica di individuare insieme strumenti che possano tutelare i professionisti che mettono le loro competenze al servizio della Stato e che, indifesi, si espongono in prima persona in situazioni altamente rischiose".