Lodi - Le donne a calcio non devono giocare. Per questo motivo il primo ottobre 1933, sotto il regime fascista, fu bloccata la partita dell'Alessandria sezione femminile e del Gruppo femminile calcistico (Gfc) fondato, a Milano, dalle sorelle lodigiane Boccalini: Marta, Rosetta, Luisa e anche Giovanna, che poi diventò partigiana, componente dei gruppi di difesa della donna, assessore a Milano e vice presidente nazionale di Inca e Inps. Oggi a Lodi quella partita è stata disputata con un'arbitra: 90 anni dopo con le formazioni femminili Partizan Bonola di Milano e Alessandria Calcio femminile.
Come a riscattare la voglia di far esprimere anche le donne secondo le proprie personali preferenze. Il fischio di inizio è arrivato, al campo sportivo di via Massena, alle 16.35. In campo sono scese donne dai 20 ai 37 anni ben allenate, ma anche molto emozionate. Così come tanta emozione si è potuta respirare negli spalti. Il primo gol è arrivato subito, al quarto minuto. Si sono sfiorati tanti altri gol con tre parate spettacolari messe a segno dall'Alessandria. E, alla fine, la vittoria, dopo il 2 a 2, ai rigori è andata all'Alessandria.
L'iniziativa è stata voluta da Snoq Lodi e Toponomastica femminile, con il sostegno di altre associazioni con il Comune di Lodi, nell'ambito del «progetto Boccalini» ideato per far conoscere l'operato delle quattro sorelle che sfidarono le regole di allora cimentandosi nel gioco del calcio. «È un'emozione forte - ha sottolineato, tra l'altro, Maria Grazia Spanò, presidente dell'Alessandria Calcio femminile -. Una storia che io non conoscevo prima ma che, però, mi ha affascinata. Ancora oggi le sorelle Boccalini ci dicono che dobbiamo insistere nelle cose, dobbiamo insistere nelle nostre battaglie, non fermarci di fronte a delle cose che sono sterili. Dobbiamo andare molto giù di concreto e dobbiamo, soprattutto essere più unite noi donne. Donne che sappiano quello che vogliono e non si devono demoralizzare alla prima occasione».
«Questa è una valorizzazione delle Pari opportunità, del superamento del gap di genere, del superamento degli stereotipi di genere - ha spiegato Manuela Minojetti, assessore alle Pari Opportunità del Comune di Lodi -. Per noi è fondamentale questo punto. Crediamo che, davvero, soltanto il sostegno da parte di un ente, di un'amministrazione pubblica, anche a eventi come questo, possa essere un punto di partenza per andare oltre. Per tutte le ragazze». Giulia, 27 anni, è arriva qui per giocarla questa partita, per il Milano, convinta che abbia un grande valore.
«Provo una grande emozione ed entusiasmo. È emozionante perché ci sembra, un pò di dare una prova di riscatto per queste ragazze che non hanno potuto giocare 90 anni fa. Le cose, ovviamente, in 90 anni sono cambiate, sono migliorate molto ma tuttora non è facile, ancora. È bello essere qua, oggi pomeriggio, a ricordare queste ragazze che hanno lottato e a festeggiare tutte insieme, facendo lo sport che ci piace». Tra il pubblico gente di ogni età. Incantata a vedere calciatrici animate dalla stessa voglia di giocare delle loro bisnonne.
Protagoniste, infatti, sono state una sorta di pronipoti di quelle «Calciatrici del 1933» a cui Milano ha dedicato anche una via e che, prime nella storia in Italia, ottennero come Gruppo Femminile Calcistico- Gfc, il permesso dal Coni di giocare partite regolari salvo poi essere fermate alla vigilia della prima trasferta con l'Alessandria. Storie difficili anche da ricordare.