PAOLA ARENSI
Cronaca

Peste suina arrivata nel Lodigiano: "Non siamo criminali, fateci lavorare. Indennizzi certi per il nostro futuro"

Le testimonianze degli allevatori di suini del territorio: ora siamo bloccati, ma le spese non si fermano. Già da maggio siamo stati costretti a vendere i nostri animali al 30-35% in meno del valore di mercato.

Le testimonianze degli allevatori di suini del territorio: ora siamo bloccati, ma le spese non si fermano. Già da maggio siamo stati costretti a vendere i nostri animali al 30-35% in meno del valore di mercato.

Le testimonianze degli allevatori di suini del territorio: ora siamo bloccati, ma le spese non si fermano. Già da maggio siamo stati costretti a vendere i nostri animali al 30-35% in meno del valore di mercato.

La peste suina sta prendendo piede anche nel Lodigiano e gli allevamenti sono sempre più compromessi. Depopolamento e più biosicurezza sono le colonne portanti dell’ordinanza varata il 29 agosto dal Commissario Straordinario alla Psa Giovanni Filippini. In provincia di Lodi sono stati trovati focolai in tre allevamenti: a Vigarolo di Borghetto, Marudo e Sant’Angelo (5500 capi totali). "È necessario attivare tutto quanto è necessario per supportare le aziende coinvolte direttamente e indirettamente – auspica Alessandro Rota, presidente della Coldiretti di Milano, Lodi e Monza Brianza –. E abbiamo avanzato da subito la richiesta del sostegno alle imprese suinicole sia dal punto di vista bancario, con la moratoria sui mutui, che sul fronte fiscale e contributivo". "Gli allevatori non posso essere additati come i responsabili della proliferazione dei focolai, nelle nostre aziende applichiamo tutte le misure di biosicurezza previste – testimonia Raffaele Mazzari, allevatore di suini a San Rocco al Porto -. Non siamo criminali, vogliamo solo continuare a lavorare. Se mi chiedi di depopolare gli allevamenti, magari anche le scrofaie, devi garantirmi gli indennizzi adeguati. Il commissario deve chiedere subito questi soldi al Governo e venire qui a rendersi conto direttamente della situazione". "Vogliamo certezze, a cominciare dagli indennizzi. Dall’ultima ordinanza del commissario capiamo che finalmente si sta cercando di fare qualcosa: si introducono nuove restrizioni, comprensibili alla luce dell’aumentato numero di focolai, ma mancano ancora garanzie sul fronte economico per capire come continuare il nostro lavoro - ha commentato ieri Riccardo Asti, suinicoltore di Pieve Fissiraga –. Da fine luglio siamo bloccati e non possiamo caricare suini, perché il mio allevamento è in zona 3 di restrizione, con la possibilità che ora finisca in zona di sorveglianza, visti i focolai registrati nel Lodigiano. Ma è già da maggio, quando siamo entrati in zona 1, che siamo costretti a vendere i nostri suini al 30-35% in meno del valore di mercato".

Per Paolo Ferrari, allevatore di suini di Codogno: "La nuova ordinanza blocca le movimentazioni, anche intra aziendali, per 15 giorni – spiega – ma non possono aspettare due settimane per farci sapere in che zona di restrizione finiremo o come funzioneranno gli indennizzi e a quanto ammonteranno. Ci vogliono elementi sicuri per decidere il nostro futuro. Mentre siamo fermi, le spese non si arrestano: gli animali mangiano, le scrofe continuano a partorire e gli spazi a disposizione diminuiscono di conseguenza. La moratoria su mutui e contributi? Bene, ma va decisa subito con un provvedimento nazionale".