
Stefano Rotta
Lodi – Continua la battaglia di Stefano Rotta, scrittore, navigatore di fiume, esperto di boschi e ottimo conoscitore dell’Adda, contro il disboscamento e l’abbattimento dei 18 alberi della Piarda Ferrari. L’intervento, su uno dei boschi urbani più frequentati dal micro-turismo fluviale, era stato portato avanti dal Parco Adda Sud in accordo con il Comune di Lodi. Il 27 marzo erano stati messi in campo ruspe, mezzi cingolati e motoseghe per l’operazione di messa in sicurezza della Piarda, com’è stata definita dall’assessore all’Ambiente Stefano Caserini. “Si è trattato di un vero e proprio geocidio – esordisce Rotta – È stato raso al suolo un ettaro di bosco in meno di 48 ore. Il terreno è stato fresato ed è morto biologicamente”.
L’ambientalista non recrimina solo sui metodi ma anche sulle motivazioni: “Quello è un terreno demaniale, nemmeno il Parco Adda Sud o il Comune possono disporne in maniera distruttiva. Era un bosco di pianura autoctono, che viveva nella e della biodiversità del parco stesso. Ora invece è completamente scomparsa l’avifauna, non ci sarà più nidificazione e l’argine sarà fortemente indebolito”. Rotta non si spiega quale fosse il problema sicurezza. La Piarda è infatti da tempo frequentata come “presidio di socialità e turismo, un posto di frescura per l’estate, un asset di prossimità e di preghiera, data anche la presenza di un piccolo luogo di culto”.
Venivano svolte assemblee pubbliche, ritrovi organizzati e iniziative di vario genere, anche con l’autorizzazione del Comune, all’ombra degli alberi ormai abbattuti. “Tra questi e la strada – spiega Rotta – ci sono circa 195 metri di distanza. Non persiste il problema sicurezza. C’erano altri mezzi: il bosco è naturale e si autogestisce, sarebbe bastato mettere cartelli che avvisassero i cittadini. Chi entra, ora ci va a suo rischio e pericolo”. Rotta ribadisce: “Il Comune ha limiti che non può oltrepassare. La foresta ha una soggettività giuridica”.
L’altra sera, a sostenerlo di fronte al Broletto poco prima dell’inizio del Consiglio Comunale, c’erano anche i consiglieri Gianmario Invernizzi e la leghista Eleonora Ferri, convinti anch’essi che si sia trattato di un “geocidio volontario”, per chiedere le dimissioni dell’assessore Caserini.