Zelo Buon Persico, 19 giugno 2016 - "È come convivere con una lunga malattia, che per quanto tremenda possa essere, col tempo e l’abitudine diventa quasi parte di te». Rosario Costanza è stanco di aspettare la verità sulla morte della figlia ma ha fiducia nelle istituzioni, e cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Ormai è passato più di un anno dall’omicidio di Teresa e siamo abituati ad aspettare – continua –, sappiamo che gli inquirenti stanno lavorando molto e non possiamo che restare alla finestra in attesa di nuovi sviluppi».
Teresa Costanza aveva solo 30 anni quando venne uccisa a Pordenone, la sera del 17 marzo 2015, insieme al fidanzato Trifone Ragone, mentre uscivano dalla palestra. Una giovane coppia freddata nel buio di un parcheggio a colpi di pistola calibro 7,65, in una struttura centrale e nel cuore di una zona abitata. Eppure nessuno sembra aver visto o sentito nulla.
Il giallo di Pordenone vede per il momento invischiata solo un’altra coppia di giovani amanti, Giosuè Ruotolo con l’accusa di omicidio e la fidanzata Rosaria Patrone indagata per favoreggiamento: il processo potrebbe partire già a settembre, anche se le indagini della Procura non sono ancora chiuse e i tempi potrebbero quindi dilatarsi. Anche perché l’unico sospettato, Ruotolo, compagno d’arme 26enne di Trifone e attualmente rinchiuso nel carcere di Belluno, potrebbe non aver agito da solo. Si fanno sempre più insistenti infatti le voci che parlano di una terza persona finita nel mirino degli inquirenti per concorso in omicidio, persona che proprio in questi giorni sarebbe stata sentita dagli investigatori insieme al proprio avvocato. «Ci risulta che la polizia abbia sentito diversi nuovi volti in questi giorni – conferma l’avvocato di Ruotolo, Roberto Rigoni Stern – anche se le attenzioni si starebbero concentrando su un individuo in particolare». Ma finché l’indagine resta aperta, i fascicoli sono secretati. «Noi – continua la toga piacentina – abbiamo sempre ribadito che l’impianto accusatorio costruito contro il mio assistito fosse molto fragile, e questa nuova direzione presa dagli eventi ne è solo una riprova».
Intanto, sempre a settembre, l’avvocato Rigoni Stern si rivolgerà alla Cassazione per chiedere la sospensione della misura cautelare ai danni del militare campano accusato dell’omicidio di Trifone e Teresa: «Non esiste alcuna prova schiacciante che dimostri la presenza di Giosuè davanti alla palestra, quella notte – ribadisce –: nessuno lo ha visto in quel parcheggio, niente Dna o tracce ematiche sulla sua auto e nemmeno le impronte sulla pistola usata per uccidere i due fidanzatini». Contro Giosuè, insomma, solo indizi o coincidenze, secondo il suo difensore: «Ecco perché ne chiediamo a gran voce la scarcerazione».