
La protesta dei dipendenti della Flexotecnica di Tavazzano
Tavazzano (Lodi) – Paolo Carelli ha 59 anni. Lavora alla Flexotecnica di Tavazzano da quando non era ancora stata acquisita dai tedeschi della Koeing & Bauer. Ha alle spalle, infatti, 34 anni di lavoro come collaudatore nell’impresa. Dice di aver vissuto ogni aspetto della crisi aziendale, in corso da circa una decina d’anni. A domandargli come sta, risponde con un sorriso amaro, che lascia intendere una sincera e genuina tristezza.
Esprime preoccupazione per i colleghi, ma non solo: "Ho una figlia di ventidue anni che si deve laureare. Purtroppo però non vedo alcun futuro per i giovani in questo paese". Rappresenta i metalmeccanici come Rsu, ma tiene a precisare che "non ho mai fatto il sindacalista. E mai lo farò. Mi ritengo però una persona intelligente che difende le idee intelligenti. E l’idea che 24 lavoratori, di cui alcuni di categoria speciale, possano perdere il posto, mi fa stare malissimo. Stanno rovinando intere famiglie per degli interessi di mera produttività".
Anche Gianluca Quartieri lavora da più di trent’anni nel reparto collaudo dell’azienda. Ha 52 anni e racconta di quando la Flexotecnica era un’impresa che creava prodotti di altissima qualità. "Avevamo clienti in tutto il mondo – testimonia –. I nostri colleghi che si reinserivano nel mercato del lavoro erano i più specializzati del settore. Provo tantissima rabbia verso chi ci sta trattando come se fossimo soltanto dei numeri, schernendoci anche durante le trattative. L’azienda aveva un altissimo potenziale, che non sono stati in grado di valorizzare". Racconta, inoltre, della tristezza che ha provato nel vedere l’officina vuota, avvolta dal silenzio tombale. "L’impressione è che vogliano chiudere definitivamente, senza però dirlo apertamente – sottolinea –. Come al solito, hanno paura di essere sinceri e onesti con i loro dipendenti e con le loro famiglie".
Di famiglia parla anche Paola Passolungo, da dieci anni dipendente dell’azienda. "È una delusione totale. Pensano di risolvere il problema licenziandoci, in realtà stanno soltanto sciogliendo una famiglia". "Ci prendono in giro da anni – aggiunge –. Non abbiamo mai avuto certezze e anche in questo caso non c’è stata alcuna chiarezza, nemmeno un briciolo di onestà o di umanità". Non c’è speranza nelle loro parole. Nient’altro che rabbia, tristezza e delusione. Si domandano come faranno e soprattutto si chiedono cosa gli riserberà il futuro che, per il momento, vedono incerto.