
Mariangela De Luca
Tavazzano (Lodi), 29 maggio 2019 - Affascinano per la precisione del significato, ma a renderle preziose è la patina di polvere che le ricopre. Sono le parole smarrite, desuete, in via di estinzione. Se i più non se ne curano, altri decidono di adottarle per restituirgli un futuro. È il caso della professoressa Mariangela De Luca, 29 anni, originaria di Benevento, ma che vive a Milano da quando aveva 18 anni. Si è laureata in Lettere classiche alla Statale e da settembre insegna italiano alle medie dell’Istituto comprensivo Federico Fellini di Tavazzano con Villavesco (Lodi).
Per i suoi alunni tra gli 11 e i 13 anni ha proposto la rubrica delle parole perdute. Cinque minuti alla fine di ogni lezione di italiano, coinvolgendo gli alunni che frequentano le classi dalle prime alle terze, alla scoperta di termini e modi di dire di autori celebri da Dante ad Alessandro Manzoni. «L’obiettivo è ricordare i termini di autori del passato o andati ormai in disuso – spiega la docente che non ha ancora una cattedra fissa –. Quello che chiedo ai ragazzi è di memorizzarli e contestualizzarli. Purtroppo le ultime generazioni non leggono più tanti libri. Così il vocabolario diventa sempre meno ricco. Al massimo per i miei alunni era citare parole o versi che riprendono dai rapper del momento. Troppo poco per migliorare e crescere a livello linguistico soprattutto nel nostro mondo fatto di social e messaggi brevissimi e poco articolati».
Ad aiutare la prof nella sua ricerca di nuove parole è un’edizione per ragazzi della Divina commedia e di un manuale, che porta sempre in borsa, dal titolo «Il dimenticatoio. Dizionario delle parole perdute». Lì si trova il significato di parole come basire, sentirsi venir meno, un verbo tratto dai Promessi Sposi e riferito a Lucia Mondella pietrificata dallo spavento dopo essere stata rapita dai Bravi dell’Innominato: «Non vedete che costei è un pulcin bagnato che basisce per nulla?». O il modo di dire «Non mi tange», ovvero «non mi sfiora neppure, non mi interessa». È Beatrice a pronunciare queste parole nel canto II dell’Inferno, nel momento in cui spiega a Virgilio di non temere affatto il regno di Lucifero: la donna è infatti una creatura di Dio, dunque imperturbabile di fronte alla malvagità di quel luogo oscuro. E ancora da Dante il termine «canoscenza» che si trova nel celebre verso del XXVI canto dell’Inferno «Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». «I miei studenti si sono subito incuriositi a questa iniziativa - racconta -. Divertirsi con le parole e a creare frasi con termini ormai usciti dal dizionario delle nuove generazioni è importante per migliorare e prepararsi a fare il salto alla scuola superiore. Per questo lavoriamo con un vocabolario alla ricerca del significato dalle parole. E i risultati si iniziano a vedere».