Lodi – Per quasi tre anni, dal giugno 2013 al maggio 2016, ha provato a mettere le ‘mani in pasta’ in primissima persona nella macchina amministrativa di un Comune capoluogo della Lombardia. Con gli oneri e gli onori di un sindaco. E nel momento in cui si stava occupando dell’affidamento della gestione estiva di due piscine scoperte della città è stato arrestato con l’accusa di turbativa d’asta.
Dieci giorni dietro le sbarre, dopo essere stato prelevato di prima mattina dalla sua abitazione. Poi arresti domiciliari per quasi quattro settimane, la riconquista della libertà e l’avvio di un processo per il quale ad oltre sette anni di distanza non c’è ancora una parola definitiva (il 5 luglio è atteso il verdetto dell’Appello-bis, disposto dalla Cassazione dopo una condanna in primo grado a dieci mesi e una assoluzione piena in secondo grado). Simone Uggetti, 50 anni da compiere il prossimo 24 luglio, ex primo cittadino di Lodi e tuttora tesserato Pd, guarda con grande attenzione alla riforma della Giustizia approdata in Consiglio dei ministri.
Uggetti, cosa ne pensa di questa riforma e dell’abolizione del reato di abuso d’ufficio?
"Trovo sgradevole la tempistica e che il Governo faccia passare questo testo come un omaggio a Silvio Berlusconi, a poche ore dalla sua morte. Lo sottolineo perché in questi mesi è già successo altre volte che si cavalchi l’onda dell’emozione popolare per introdurre nuove norme, come avvenuto ad esempio nel caso dei rave party o del femminicidio di Senago. Detto questo, parliamo comunque di un provvedimento importante che riguarda tutti i cittadini. Se il metodo è censurabile, il merito no e riguarda una riforma che è attesa da anni. Il problema del reato dell’abuso di ufficio è che di difficile parametrazione, non se ne possono definire con esattezza i confini e lascia un ampio spazio di interpretazione. In questo modo gli amministratori pubblici vivono nell’incertezza quotidiana. Abbiamo visto tanti casi in questi anni, non il mio perché sono stato accusato di un altro reato, di sindaci e assessori indagati con conseguente forte esposizione mediatica negativa e con fascicoli che poi spesso e volentieri sono stati archiviati. Io credo che tutti debbano essere messi nelle condizioni di operare serenamente”.
Lei è per l’abolizione del reato di abuso d’ufficio o per una sua modifica?
“Per l’abolizione. È una posizione condivisa da esponenti di tutti gli schieramenti politici. Io non sono tra coloro che pensano che siccome una proposta di riforma arriva da partiti concorrenti al mio debba essere obbligatoriamente avversata”.
Non c’è, a suo avviso, il rischio che poi si scateni una sorta di “liberi tutti”?
“Ci sono paletti definiti da altri reati, come ad esempio il favoreggiamento se qualcuno provasse ad avvantaggiare amici o parenti. Io credo poi che i reati importanti da punire nella pubblica amministrazione siano corruzione, concussione e malversazione. Piuttosto si rafforzino le pene su questi fronti”.
La riforma del ministro Nordio prevede anche che, per i reati meno gravi, dopo un’assoluzione in primo grado non ci sia più l’appello. Di questo cosa ne pensa?
“Sono favorevole anche in questo caso. Garantisce un migliore equilibrio”.
E del divieto di pubblicare le intercettazioni di indagati?
“Sono d’accordo. Troppo spesso abbiamo letto in questi anni intercettazioni che nulla avevano a che vedere con i reati contestati in una determinata indagine. E non può essere una cosa che succede in un Paese civile. Inoltre abbiamo assistito a un eccesso di commistione tra Procura e organi di informazione, utilizzati come casse di risonanza. Anche qui, secondo me, occorre intervenire per un funzionamento più ordinato della Giustizia”.