LUCA MIGNANI
Magazine

Eraldo Monzeglio, dal pallone alla guerra in Russia nel nome del Duce. L’insegnante di tennis di Mussolini e le lusinghe del Fascismo

Il grande terzino piemontese affascinò il dittatore, i suoi figli, Gianni Brera e Gianni Agnelli. Una parabola esistenziale dai successi nel calcio alla tragedia della carneficina russa. “Ma non ho mai ucciso nessuno”

Da sinistra, il commissario tecnico della Nazionale Vittorio Pozzo, con un terzetto di calciatori azzurri campioni del mondo nel 1934 e nel 1938: il difensore Eraldo Monzeglio, l’attaccante Giuseppe Meazza e il centrocampista Giovanni Ferrari (archivio famiglia Vittorio Pozzo, Archivio di Stato di Torino)

Da sinistra, il commissario tecnico della Nazionale Vittorio Pozzo, con un terzetto di calciatori azzurri campioni del mondo nel 1934 e nel 1938: il difensore Eraldo Monzeglio, l’attaccante Giuseppe Meazza e il centrocampista Giovanni Ferrari (archivio famiglia Vittorio Pozzo, Archivio di Stato di Torino)

Milano, 15 ottobre 2024 – Ginocchia sbucciate, un campo da gioco sgangherato, pedate su pedate a un accrocco di stracci e carta legati con degli spaghi. Partite infinite. E una vita davanti: quella di Eraldo Monzeglio inizia apparentemente come quella di tanti. Di fatto, invece, i suoi giorni si intrecceranno alla storia dell’Italia che fu e che sarà. Dal pallone alla guerra, dai trionfi al sangue. Esistenze strappate, altre restituite. Una vita che non fa rima con una sola storia: molte, molte di più. Alcune affiorate, altre nascoste. Le riporta alla luce Alessandro Fulloni nel libro “Il terzino e il Duce”. Un viaggio che inizia e finisce in Piemonte passando per il mondo, con tappe significative a Como, Sesto San Giovanni, Monza, Lecco.

Una palla, sempre e comunque, al centro del tutto. Monzeglio, nato a Vignale Monferrato nel 1905 e morto a Torino nel 1981, le dà del tu alla svelta. Tanto da schizzare dai Boys del Casale al Bologna che tremare il mondo fa: scudetto. Terzino nel “WM”, lo schema in voga allora, è poi scelto dal ct azzurro Vittorio Pozzo. E decantato da Gianni Brera: “Una battuta lunga e pulita, un bel tempo, begli incontri, un considerevole stacco”.

Il grande Gianni Brera rimase affascinato dal talento calcistico di Monzeglio
Il grande Gianni Brera rimase affascinato dal talento calcistico di Monzeglio

Ai Mondiali del Fascio

Ai Mondiali del 1934 debutta nei quarti, contro l’Ungheria. Diventa titolare fino alla finale vinta contro la Cecoslovacchia "digrignando i denti” (ancora Brera dixit). Grintoso, nel contempo elegante: “Spalle larghe, chiuso in un impermeabile stretto ai fianchi. È un bel ragazzo, perbacco”, scrive la Gazzetta di allora. Piace, soprattutto alla Roma: nell’estate del 1935 il presidente giallorosso Renato Sacerdoti si presenta dal "paron" rossoblù Renato Dall’Ara con 375.000 lire, cifra colossale all’epoca. Nella capitale gioca fino al 1939, prima di appendere le scarpe al chiodo.

Prima, sale un’altra volta sul tetto del mondo, nel 1938: anche se è un Monzeglio acciaccato, quasi a fine carriera, quello che gioca l’esordio contro la Norvegia, unica sua partita nel torneo culminato con il trionfo di Parigi contro l’Ungheria. Nuova carriera a Roma, poi: direttore tecnico. Le sue mosse portano sul Tevere lo scudetto del 1942. Due anni prima, Monzeglio è a Ostia assieme a un’amica quando, per radio, sente Mussolini annunciare l’apertura delle ostilità contro Francia e Gran Bretagna: “Vedrai, durerà poco”, le sussurra. Non sarà così. Monzeglio è molto vicino al Duce. Conosce i figli Bruno e Vittorio nell’estate del 1928, sul lungomare di Riccione. I due riconoscono in lui il campione dello sport di cui sono appassionati, lo tempestano di domande.

A Melzo è appena terminata la sfida tra la Pro Sesto e il Crema per la permanenza in Serie B, 4 luglio 1948. I primi hanno vinto per 2-1. Eraldo Monzeglio, sfinito dalla tensione, a fine partita viene abbracciato e sorretto da Mario Puricelli (a destra) ed Enrico Pirovano
A Melzo è appena terminata la sfida tra la Pro Sesto e il Crema per la permanenza in Serie B, 4 luglio 1948. I primi hanno vinto per 2-1. Eraldo Monzeglio, sfinito dalla tensione, a fine partita viene abbracciato e sorretto da Mario Puricelli (a destra) ed Enrico Pirovano

L’incontro con Gianni Agnelli

La frequentazione prosegue, la conoscenza si allarga al padre di cui diventa pure maestro di tennis. Monzeglio partecipa anche alla Campagna di Russia, ma si occupa di organizzare partite di calcio. Qui si imbatte in Gianni Agnelli che gli chiede: “Ma lei non è forse il campione del Mondo?”. Nel ’63 lo porterà sulla panchina della Juventus, a guidare Sivori e Boniperti. Ma intanto è in Russia e attraversa l’orrore di quel periodo che non ha riportato a casa circa 90.000 soldati. Al ritorno, racconta solo che «è stato terribile» e «non ho ucciso nessuno». Al contrario, salverà molte persone negli anni, i cui nomi erano scritti su bigliettini consegnati a Mussolini. La vita, ad esempio, di Giuseppe Peruchetti che raccontò a Xavier Jacobelli del suo arresto, da parte dei fascisti, perché trovato con delle armi e condannato a morte. "Bussarono alla mia cella: preparati. Pensai: stavolta vado a morire”. Invece lo portano «fuori. Dove c’era Eraldo Monzeglio. Mi disse: Bepi, sei libero. Poi mi abbracciò piangendo”. 

A Melzo è appena terminata la sfida tra la Pro Sesto e il Crema per la permanenza in Serie B, 4 luglio 1948. I primi hanno vinto per 2-1. Eraldo Monzeglio, sfinito dalla tensione, a fine partita viene abbracciato e sorretto da Mario Puricelli (a destra) ed Enrico Pirovano
A Melzo è appena terminata la sfida tra la Pro Sesto e il Crema per la permanenza in Serie B, 4 luglio 1948. I primi hanno vinto per 2-1. Eraldo Monzeglio, sfinito dalla tensione, a fine partita viene abbracciato e sorretto da Mario Puricelli (a destra) ed Enrico Pirovano

L’arrivo nella “Stalingrado d'Italia” 

Prende ad allenare a Como e poi addirittura nella “Stalingrado d’Italia”, Sesto San Giovanni, voluto dal sindaco Abramo Oldrini. All’esordio piovono insulti, sputi, sassate. I tifosi si preparano a un linciaggio. Ma Oldrini lo prende sottobraccio e lo accompagna in un giro attorno al campo. E la contestazione svanisce. Da Sesto la sua carriera decolla: a Napoli vince un campionato di Serie B e allena per sette stagioni consecutive (record tutt’ora imbattuto), alla Sampdoria vince il premio “seminatore d’oro”, si siede anche sulla panchina della “Vecchia signora”. In Lombardia guida l’allora Simmenthal Monza e, a fine carriera, il Lecco. Dopo la sua morte, è stato inserito nella hall of fame del calcio italiano, accanto ad altri miti del pallone come Meazza e Piola. “Grande difensore, bicampione del mondo”, recita la didascalia.