ANDREA SPINELLI
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La scena rap in Italia? Ruota intorno alla Lombardia. Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain: “Milano ha i numeri”

Ultimo episodio dello show rap “Nuova scena 2”, con la caccia ai nuovi talenti, le fughe in cerca del successo. Fabri Fibra: "Nel momento in cui ho capito di avere una chance di successo sono passato sopra tutto e tutti senza aspettare permessi..."

Geolier, Fabri Fibra e Rose Villain

Geolier, Fabri Fibra e Rose Villain

Milano – Una foto a fuoco del Paese. Con l’uscita dell’ottavo ed ultimo episodio, il quadro dell’urban italiano offerto dal “Nuova scena 2”, talent show rap di Netflix, è completo. E disegna un sistema lombardo-centrico. Il 60% dei 25 candidati che si sono confrontati in questa edizione arrivava, infatti, dal Nord e di questi 1 su 3 viene dalla provincia di Milano, di Monza o di Lecco. Il 24% dal Sud e il 12% dal Centro. A parlarne sono Fabri Fibra, Geolier e Rose Villain, giudici pure di questa seconda edizione. "Se hai già fatto i numeri, in un certo senso sei costretto a venire al Nord per entrare in un’ottica di lavorativa, perché è qui che sta l’industria discografica… un po’ come accadeva un tempo con la Fiat a Torino", osserva Fibra. "Questo a meno che tu abbia un’identità molto forte data dalla città da cui provieni, come può accadere a Napoli. Da lì non ti sposti, da altre realtà, sì. Però devi essere bravo, perché se no non è che lo diventi a Milano".

Il rapper di carattere, d’altronde, lo individui immediatamente. "Ecco perché in questa edizione ho cercato dei ragazzi che fossero capaci di farsi ascoltare, prendersi il loro spazio". "Fabrizio di noi tre è quello più esigente, che pretende sempre la tecnica e la barra giusta – ammette Rose Villain –. Ecco perché lo punzecchio dicendo che è il mio brontolone preferito".

Sulla questione dell’identità Geolier si sente tirato in ballo. "Io non potrei allontanarmi dalla mia città, perché per scrivere ho bisogno della mia zona comfort", dice l’uomo di “Dio lo sa”, al secolo Emanuele Palumbo. "Anzi, sto cercando di portare un po’ di etichette discografiche a Napoli, perché nel rap è diventata un po’ il Nord del Sud. Comunque, questa teoria è relativa. E io che ho lo stesso numero di paganti e di ascolti di un artista del Nord, ne sono la prova. Alla fine, se sei autentico e hai qualcosa da raccontare, la provenienza non conta. Non importa dove nasci ma dove vuoi arrivare. Perché in tanti piccoli paesini, lontani dalle metropoli, ci sono realtà che non vengono raccontate, ma esistono. E vogliono prendersi il loro spazio. Kid Yugi, tanto per fare un esempio, è della provincia di Taranto (Massafra, ndr), ma anche ‘Nuova scena 2’ ha messo in luce un bel talento del Sud, CamilWay, arrivato da Crotone per portare una ventata di novità. Questo perché prima è stato sdoganato il rap napoletano, poi si è scesi sempre più giù lungo lo Stivale. Sono convinto che uno come CamilWay potrà essere di sprone per tanti ragazzi che hanno bisogno solo di uno stimolo per ben figurare".

Milano caput mundi del rap italiano? "Napoli ha un’identità fortissima", ribadisce Fibra. "Però molti rapper romani, appena hanno la possibilità, vengono a Milano. Perché per uno che fa rap è più facile lasciare Roma che Napoli. Chi ha la fame per rappare, infatti, non aspetta di essere scoperto da qualcuno. Lo dico per esperienza personale: nel momento in cui ho capito di avere una chance sono passato sopra tutto e tutti senza aspettare permessi. A me è successo vent’anni fa, ma oggi come allora è talmente vero il principio per cui il treno passa una volta sola che tanti partono prima del suo arrivo. Questo perché c’è sempre uno più bravo di te pronto a farti la festa. Dicono che lo sport è l’ambiente più competitivo, secondo me è la musica. Non puoi chiudere occhio".

E ad Elio manda a dire che un boomer. "Gli voglio bene, però è troppo facile andare contro i trapper", ribadisce Fabri-Fabrizio (Tarducci). "Posizioni del genere riportano alla mente le critiche ai Beatles, le polemiche sull’avvento del grunge…". Insomma, il rifiuto del nuovo da parte di chi non lo capisce. O non lo vuol capire. "L’autotune è uno strumento che si aggiunge alla voce, non ti aiuta a cantare meglio". Inutile star lì a spiegare, comunque, visto che secondo Fibra viviamo in un Paese dove se non fai musica leggera un po’ colpevole lo sei comunque.