E.C.
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Zerocalcare: l’amore dei 18 anni, una fidanzata di Busto Arsizio che gli diede del “terun”

Il fumettista ha raccontato in un podcast il gustoso episodio, avvenuto quando rivelò alla morosa che avrebbe fatto il cenone della Vigilia dalla nonna: “Nessuno a me che sò de Roma mi aveva detto così. Io ero una specie di arbitro tra Nord e Sud”.

Michele Rech alias Zerocalcare; a destra, la basilica di San Giovanni a Busto Arsizio

Michele Rech alias Zerocalcare; a destra, la basilica di San Giovanni a Busto Arsizio

Busto Arsizio, 25 dicembre 2024 – La domanda, a sentire il gustoso episodio raccontato da Zerocalcare in un podcast realizzato per Internazionale, sorge spontanea. Chi è nato e vive a Roma può essere definito meridionale? E i bustocchi sono davvero convinti che sia così o l’esempio citato dall’apprezzato fumettista è da considerarsi un caso isolato (oppure definitivamente consegnato agli archivi dal trascorrere del tempo)?

Cosa è successo

Meglio chiarire il tutto, a questo punto, dando conto del racconto fatto da Michele Rech – questo il nome vero, quasi asburgico a pensarci bene, del quarantunenne artista capitolino – nel podcast Il Mondo realizzato per il sito web della rivista di politica e cultura, con un'edizione speciale di cinque giorni intitolata, appunto, Il Natale di Zerocalcare.

Nel corso del primo episodio, l'autore di Kobane calling ha aperto agli ascoltatori una finestra sul suo passato. “A diciotto anni ero fidanzato con una mia coetanea di Busto Arsizio”. Nel tran tran di una relazione adolescenziale, un giorno, il discorso finisce sul Natale e sui programmi della coppia per il periodo delle feste. “Quando la sera della vigilia le dissi che sarei andato a fare il cenone de Natale da nonna –  racconta Rech – mi rispose con due parole soltanto, secche e asciutte, ‘Ke terun’. A me, che so’ de Roma”. 

Il ricordo

Una reazione, molto probabilmente – almeno così vogliamo sperare – priva di una qualsiasi malizia e scevra da una qualsiasi connotazione politica (al di là di una certa assuefazione a un lessico piuttosto di uso comune nel Varesotto, nell’epoca  di massimo furore del leghismo autonomista e indipendentista). E che però rivela, appunto, un mood, un modo di essere a cui oggi si può guardare con un misto di riprovazione e nostalgia (anche a pensare che probabilmente la risposta arrivò via sms e non su whatsapp o attraverso altri canali social). 

Nel 2001, fra l’altro, come ricorda il sito Malpensa24, fra i primi a raccontare del podcast, a Busto Arsizio l’amministrazione era guidata da una giunta monocolore leghista, con sindaco Gianfranco Tosi, primo lumbàrd a Palazzo Gilardoni.

La riflessione

Zerocalcare ha chiuso il suo ricordo bustocco con una riflessione scherzosamente seria. “A me che so’ de Roma non m’era mai stato detto – osserva – E poi ero sempre stato contro la discriminazione territoriale. Io ero una specie di arbitro tra Nord e Sud, perché a chi je sarebbe mai potuto venire in mente di dire a noi terroni, che siamo di Roma, della Capitale, del centro de tutto, Giulio Cesare, l’impero, er Cuppolone, er Supplì, ‘a Cacio e Pepe”. Insomma, citando Tahar Ben Jelloun, “siamo sempre lo straniero di qualcun altro”. In questo caso “Siamo sempre il terùn di qualcun altro”.