
Tiziana Grizzi e Mauro Vecchia
Mantova, 13 dicembre 2016 - Il titolo c’è già: «I custodi del cimitero perduto». La storia è quella di una famiglia mantovana che da un giorno all’altro scopre di vivere accanto a un luogo sacro agli ebrei ultra ortodossi.
Siamo a Mantova, quartiere del Gradaro, un tempo fatto di modeste case di pescatori del porto dell’Anconetta, di conventi, di contrafforti militari. E di cimiteri, compreso il più antico camposanto ebraico della città, concesso da Francesco Gonzaga nel 1442 e chiuso da Giuseppe II nel 1786.
Sul muraglione lungo vicolo Maestro una doppia targa in ebraico e in italiano testimonia la presenza delle tombe di alcuni tra i massimi cabalisti italiani, come i rabbini Menachem’Azariah da Fano e Mosheh Zacuto. Per gli ebrei, in particolare per i seguaci dello chassidismo, è uno dei luoghi più sacri d’Europa, e non a caso qualcuno di loro ora vorrebbe farselo restituire. A pochi metri dalla lapide, al civico 10, vivono con i tre figli in una rustica casa colonica Mauro Vecchia e Tiziana Grizzi, lei ex responsabile del sistema museale della Provincia di Mantova, lui ex funzionario dell’Ufficio strade sempre in Provincia. «Tutto è iniziato cinque anni fa - raccontano -. Era un caldissimo 27 luglio. Hanno bussato alla porta tre rabbini che guidavano un gruppo di persone, una ventina. Erano arrivati a noi dopo aver scartabellato nelle mappe della città». Gli ebrei ortodossi, in camicia bianca e vestito di lana nero, nonostante la temperatura torrida, tutti col cappello a cilindro e i classici tzitzit, i ricciolini di capelli che scendono dalle tempie, chiedono di visitare il camposanto.
«Delle antiche tombe non è rimasto nulla - raccontano i coniugi Vecchia - solo qualche pietra sparsa qua e là con iscrizioni in ebraico». In effetti dietro il muro c’è solo un prato incolto, che è terreno del Demanio militare trasferito da poco al Comune, circondato da rovi e vegetazione spontanea. «Ci hanno chiesto una scala per andare oltre il muro - raccontano ancora marito e moglie -. Sono entrati a pregare, poi se ne sono andati». Sembra tutto finito, invece un anno dopo in Vicolo Maestro arriva un altro rabbino, questa volta dalla Francia, che affigge la targa in ebraico, poi tradotta su richiesta di Vecchia e della moglie. Dal 2011 ad oggi le visite degli ebrei ortodossi si sono moltiplicate: «Nessun problema - è il commento di Mauro e Tiziana - salvo che usano il nostro bagno e se sono in tanti...». In effetti ad agosto di quest’anno è arrivata al Gradaro una comitiva di due pullman: hanno portato le chitarre e cantato, sono stati in raccoglimento davanti alle lapidi, hanno lasciato i biglietti autografi come si fa davanti al Muro del pianto.
Ora a Tiziana Grizzi e al marito interessa sapere cosa succederà in futuro. Le incognite sono due: il megaprogetto del Comune per risistemare il Gradaro e Fiera Catena, e la richiesta di una rappresentanza di ebrei ortodossi di acquistare il terreno dell’ex camposanto. «Questa casa la prese mio nonno nel 1950 - dice l’ex funzionaria -. La nostra famiglia ci è molto legata».