Mantova, 2 gennaio 2025 - Alta tensione anche nei giorni di San Silvestro e Capodanno nella Casa circondariale di Mantova, a confermare la situazione critica che il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria denuncia ormai da moltissimo. Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del SAPPE, da notizia che “a Mantova, ieri notte, un detenuto di origine straniera ha dato fuoco, per futili motivi, alle lenzuola e poi al materasso della propria cella provocando un incendio. Immediato e tempestivo l’intervento del personale di polizia penitenziaria che ha spento il fuoco. Sono giunti sul posto anche vigili del fuoco, ma l’incendio era già stato sedato e hanno provveduto a tagliare la serratura della cella poiché il detenuto l’aveva manomessa”.
Il sindacalista precisa che “non sono intervenute altre forze dell’ordine” e rivolge “il plauso del Sappe al personale di polizia di Mantova che, ancora una volta, è riuscito a salvare la vita di un detenuto grazie all’estrema professionalità e abnegazione. Fortunatamente non ci sono stati feriti o intossicati. Il detenuto per precauzione è stato trasportato a mezzo 118 presso il nosocomio cittadino dove è stato dimesso dopo circa due ore”. Greco si dice “sconfortato dai numerosi appelli del SAPPE rimasti lettera morta a fronte di una situazione penitenziaria regionale grave, pericolosa ed allarmante”.
Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, esprime vicinanza ai poliziotti di Mantova ed indica la linea tracciata per superare l’emergenza penitenziaria nel discorso di fine anno del Capo dello Stato: “Esprimiamo, ancora una volta, la nostra gratitudine al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha voluto volgere lo sguardo alla realtà penitenziaria delle nostre carceri in occasione del suo apprezzato discorso di fine anno. È vero: sono inaccettabili anche le condizioni di lavoro del personale di Polizia penitenziaria, impegnato “H24” nelle sezioni detentive e i cui appartenenti sono sempre più vittime di aggressioni e atti violenti dalla parte minoritaria della popolazione detenuta più refrattaria a rispettare l’ordine e la sicurezza anche durante la carcerazione. Ma nei nostri istituti di pena si può e si deve “potere respirare un’aria diversa da quella che li ha condotti alla illegalità e al crimine”. Noi siamo pronti a dare il nostro contributo”.
La proposta operativa del SAPPE è “prevedere un sistema penitenziario basato su tre "gradini": il primo, per i reati meno gravi con una condanna non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale l'istituto della "messa alla prova"; il secondo riguarda le pene superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell'utilizzo della custodia cautelare; il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l'obiettivo prioritario”.
Quello del sovraffollamento, secondo il SAPPE, "è certamente un problema storico e comune a molti Paesi europei, che hanno risolto il problema in maniera diversa - sottolinea Capece - L'osservazione della tipologia dei detenuti e dei reati consente di affermare che il sistema della repressione penale colpisce prevalentemente la criminalità organizzata e le fasce deboli della popolazione In effetti, il carcere è lo strumento che si usa per affrontare problemi che la società non è in grado di risolvere altrimenti".
Per il SAPPE, “il carcere così come è strutturato oggi in Italia va cambiato. Crediamo sia davvero giunta l’ora di ripensare l’esecuzione penale mettendo da un lato i fatti ritenuti di un disvalore sociale di tale gravità da imporre una reazione dello Stato con la misura estrema che è il carcere: e dall’altro, anche mantenendo la rilevanza penale, indicare le condotte per le quali non è necessario il carcere”. E Capece conclude evidenziando che “i peculiari compiti istituzionali del Corpo di Polizia Penitenziaria sono richiamati nel motto del nostro Stemma araldico: "Despondere spem munus nostrum" (garantire la speranza è il nostro compito), iscritto nella lista d'oro alla base dello stemma. Proprio garantire la speranza è un nostro dovere istituzionale, che le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria svolgono quotidianamente il servizio, nelle carceri per adulti e minori della Nazione, con professionalità, zelo, abnegazione e soprattutto umanità in un contesto assai complicato”.