GABRIELE MORONI
Cronaca

Obbligati alle udienze in ufficio, giudici alla Consulta

Mantova, ricorso alla Corte Costituzionale: la presenza imposta dal governo vale solo per i magistrati civili: "Disparità di trattamento"

In Italia servono più giudici secondo l'Europa

Mantova, 9 giugno 2020 - «Irragionevole» e "contraddittoria" imporre, come fa il decreto del governo, imporre ai giudici civili la presenza in ufficio per le udienze civili da remoto. Lo sostiene il tribunale civile di Mantova (seconda sezione) che con un’ordinanza ha sospeso il procedimento in corso e sollevato la questione di legittimità davanti alla Corte Costituzionale. Secondo il giudice Giorgio Bertola, che ha firmato l’ordinanza, la norma del decreto legge penalizza i soli giudici civili, "non ritrovandosi analoga esplicita imposizione per qualsivoglia altro magistrato della giurisdizione (sia esso penale, amministrativo, contabile, tributario) così generando una evidente disparità di trattamento".

Gli stessi giudici della Consulta hanno stabilito per se stessi che "la partecipazione alle camere di consiglio e alle udienze pubbliche può avvenire anche mediante collegamenti da remoto e il luogo da cui essi si collegano è considerato camera di consiglio o aula di udienza a tutti gli effetti di legge". Oltre a questo, la norma che viene ora sottoposta alla Corte Costituzionale costringe il solo giudice civile, per svolgere l’udienza, "a recarsi presso l’ufficio giudiziario esponendosi lungo tutto il viaggio e durante la permanenza nei locali del Tribunale, a essere contagiato o a contagiare soggetti terzi, laddove dovesse risultare un positivo asintomatico". Questo "al solo fine di poter utilizzare lo strumento informatico specifico che, al contrario, potrebbe egualmente essere utilizzato con il collegamento da un luogo diverso e più sicuro rispetto all’ufficio giudiziario". Il giudice civile potrebbe quindi celebrare l’udienza da qualunque luogo si trovi.