GABRIELE MORONI
Cronaca

Yana Malaiko, due anni fa l’orrore. Il padre: “Non riesco ad accettare che mia figlia non ci sia più”

Il 1° febbraio 2023 fu ritrovato il corpo della ragazza sotto una catasta di legna. A processo per omicidio volontario e premeditato l’ex fidanzato Dumitru Stratan

Yana Malaiko aveva 23 anni quando fu uccisa dall’ex compagno; a sinistra papà Oleksandr

Yana Malaiko aveva 23 anni quando fu uccisa dall’ex compagno; a sinistra papà Oleksandr

Castiglione delle Stiviere (Mantova), 31 gennaio 2025 – “Non so quando arriverà il giorno in cui potrò dire, se non proprio ‘sto bene’, almeno ‘sto meglio’. Anzi, lo so: quel giorno non arriverà mai”. Oleksandr Malaiko è quello di sempre: massiccio, compatto, l’aria determinata dell’uomo venuto dall’Ucraina che ha preso di petto l’esistenza. Si scioglie all’improvviso nella commozione nel ricordo della figlia.

Si chiamava Yana. Un viaggio nella vita durato soltanto ventitré anni. È stato troncato la notte fra il 19 e il 20 gennaio del 2023 nel chiuso di un appartamento a Castiglione delle Stiviere, in un condominio tanto alto e imponente da essere conosciuto come “grattacielo”. Per tredici giorni, fino al pomeriggio del primo febbraio, una catasta di legna, del fogliame sono stati, insieme, la tomba e il sudario di Yana, nelle campagne tra Castiglione e Lonato del Garda.

Dumitru Stratan, moldavo, 36 anni tra poco, lex fidanzato, viene processato in Corte d’Assise a Mantova, imputato di omicidio volontario, appesantito dalla premeditazione e da altre aggravanti, e per occultamento di cadavere. Dibattimento ai titoli di coda, all’ombra dell’ergastolo. Il 6 febbraio il pm farà le sue richieste.

Oleksandr Malaiko, due anni dopo. Domani saranno due anni dal ritrovamento del corpo di sua figlia.

“Sapevo che era morta. C’era chi mi aveva già fatto le condoglianze. Dove era stata uccisa era la scena di un massacro. Altri, invece, mi invitavano a sperare. La mente, il cervello mi dicevano che era morta. Ma fino al giorno in cui l’hanno trovata il cuore non accettava l’idea e teneva in piedi la speranza. “Forse è viva, mi dicevo, forse è da qualche parte".

E continuavo a cercarla, tutti i giorni, per l’intera giornata. Anche quando ho saputo del ritrovamento, ero impegnato nelle ricerche con i miei fratelli, gli amici, i volontari. Qualcosa dentro di me si è subito ribellato. Non l’ho accettato allora e ancora oggi non posso accettare che mia figlia non esista più. Mi dico che è in un altro modo, è in un’altra dimensione, però è viva. Ho con me Bulka, il suo cagnolino. A volte mi pare di sentire come se Yana fosse venuta a trovarlo e allora gli parlo, chiedo al cagnolino cosa gli ha detto Yana”.

Cosa si attende dal processo?

“Do una risposta molto breve: giustizia. Nelle aule di tutti i tribunali italiani è scritto che la legge è uguale per tutti. Ecco: la legge deve essere uguale davvero per tutti, per gli italiani e per gli stranieri. Spero che sia così. Spero che la giustizia italiana lo dimostri a tutto il mondo. Spero, anzi credo che sarà così. Una cosa mi dispiace: che il caso di mia figlia sia stato dimenticato dai mezzi di informazione. Se ne ricorda solo qualche amico giornalista che ha diviso la strada con me in questi due anni. Yana va ricordata, per lei, per la sua memoria, per tutte le donne vittime di violenza”.

C’è un’associazione intitolata a sua figlia, Y.A.N.A., acronimo di You Are Not Alone, costituita per aiutare le vittime, contrastare la violenza di genere, i femminicidi, lo stalking, il bullismo.

“È nata perché altri genitori non soffrano quello che soffro io. Sono il vice presidente. Il presidente è Francesco Porrello. L’associazione vive per merito suo. È giusto che la gente sappia che in Italia ci sono persone come lui. È un carabiniere. Dedica metà della sua vita al servizio e l’altra metà ad aiutare gli altri. Dell’associazione fa parte anche il mio avvocato, Angelino Murtas, un ex poliziotto”.

Le capita di pensare all’uomo giudicato per l’omicidio di sua figlia?

“Da lui non ho ricevuto una sola parola di scuse. Non ha chiesto perdono. E se anche l’avesse fatto, non avrei accettato. Non lo accetterò mai”.

Yana, sua figlia.

“Era tutta vita. Era piena su sogni, di progetti. C’era la casa da acquistare per lei. Sognava il matrimonio, la famiglia, i figli. Voleva costruire la sua vita, quella vita che le è stata distrutta”.