Mantova – Sotto l’arcata della Loggia di Davide, Patty Smith intona una canzone che ha scritto per la figlia: solo voce, nessuno strumento, tanta emozione. È l’omaggio che la cantante americana offre alla mostra di Pablo Picasso a Palazzo Te, una cinquantina di opere, molte delle quali mai viste prima. L’autrice di “Because the night” (ieri sera in concerto e reading su Picasso a Mantova) si rivolge anche al nipote del pittore spagnolo, Xavier Vilato, a sua volta artista, che ha consentito l’arrivo di opere appartenenti al fondo di famiglia, preziose e sconosciute in Italia.
Nell’anno dedicato al tema delle metamorfosi, la reggia estiva dei Gonzaga ha intitolato l’evento “Picasso, poesia e salvezza” (da ieri al 6 gennaio 2025). La mostra è nata in gemellaggio con quella in programma a Palazzo Reale a Milano (“Picasso, lo straniero” che apre il 20 settembre e si chiude il 2 febbraio) alla quale la accomunano la stessa curatrice e la stessa ispirazione: la natura di Picasso come artista emarginato e degli emarginati, lontano dalle accademie parigine ma amato dalle migliori intelligenze poetiche del primo Novecento francese, dotato di una creatività che scardinava le convenzioni e i gusti convenzionali, ma era minacciata dalla xenofobia e dalla paura del ‘diverso’.
Nel capolavoro architettonico di Giulio Romano, palazzo dei piaceri e delle trasgressioni, si trovano stretti legami con la figura dell’artista di Malaga. A cominciare da Ovidio e dalle sue celebri metamorfosi, alle quali sia l’architetto rinascimentale che il pittore spagnolo si sono ispirati. Lo ha spiegato Annie Cohen-Solal, la curatrice (assieme a Johan Popelard) delle mostre mantovana e milanese e autrice di una monumentale biografia del genio spagnolo: “Picasso arriva a Parigi poco più che diciottenne – racconta –. È solo, povero, non parla francese. Lo accoglierà un clima ostile, per anni rimarrà un emarginato, un irregolare. I suoi amici saranno i poeti e la poesia”.
La prima sezione della mostra è dedicata ai disegni che nel 1930 (a quattro secoli dal lavoro giuliesco, datato 1525) Picasso realizza ispirandosi all’opera di Ovidio. Una sala successiva illustra la relazione tra lo straniero Picasso e i poeti suoi contemporanei a Parigi, da Max Jacob a Gertrude Stein a Jean Cocteau. La terza sezione descrive la ‘conversione poetica’ dell’artista che sembra per un momento allontanarsi dalla pittura per poi tornare a grandi opere di ispirazione cubista; la quarta è intitolata ‘Metamorfosi come strategia’ e racconta di un Picasso che trova un alter ego nella figura del Minotauro, un mito ben presente a Palazzo Te. Un’ultima nota, le mostre mantovana e milanese sono legate anche a uno sconto ‘reciproco’: col biglietto di una si paga il ridotto dell’altra.