Mantova – Ancora una notte (rosa). L’ultima. Il giro d’onore che Umberto Tozzi si regala al culmine di una carriera da 80 milioni di dischi venduti lo porta venerdì prossimo in Piazza Sordello a Mantova, per poi proseguire il 13 luglio alla volta del Lazzaretto di Bergamo, il 18 dei Giardini Estensi di Varese e l’8 settembre di Piazza della Loggia a Brescia. Tutto nell’attesa di sbarcare nei palasport con un tour autunnale atteso pure al Forum di Assago il 14 ottobre. Intanto resiste nelle playlist la versione a due con Giuliano Sangiorgi di “Donna amante mia”, punta di diamante del suo primo album “di insuccessi”, come lo chiamava il paroliere Giancarlo Bigazzi scherzando sulle poche migliaia di copie vendute.
Sulla locandina l’Umberto settantaduenne strappa la foto in bianco e nero di quello trentenne. Perché?
"Perché il passato è passato e c’è un bellissimo presente da vivere, tanto dal punto di vista autorale che live. Erano circa sette-otto anni, infatti, che non producevo nuova musica, ma ora ho pronto un nuovo progetto che spero di pubblicare in autunno e ne offro un assaggio già in concerto, eseguendo un paio di inediti".
Reazione?
"Buona, mi sembra. Anche se il pubblico ancora non li canta, perché non ne conosce il testo".
Due giorni dopo lo show di Mantova si esibisce in piazza San Marco a Venezia, con un carico di ricordi particolare.
"Sì, perché fu lì che nel ’76 vidi suonare il mio idolo Paul McCartney con gli Wings. E quando, qualche giorno fa, sono andato a presentare lo show mi è sembrato vederlo ancora sul palco come in quella notte di quarantotto anni fa".
Sir Paul escluso, quali sono stati i live che le hanno segnato la vita?
"Ad una convention dei primi anni Ottanta in quel di Los Angeles ho avuto modo di veder esibirsi sullo stesso palco Barbra Streisand, Carlos Santana, Jeff Beck, Chicago e Keith Richards. Una di quelle notti che puoi vivere solo lì. Altra esibizione che m’è rimasta impressa nei ricordi è stata quella di Stevie Wonder nel 2010 allo Sporting di Montecarlo. Sempre a Montecarlo, dove abito, ho visto pure il grande maestro Burt Bacharach con Dionne Warwick. Eccezionali".
Molti colleghi dicono che non se la sentono di mettere in strada un tour d’addio come il suo o quello di Baglioni perché poi non si può tornare indietro.
"Io sono felicissimo di aver fatto il grande passo. E me la godrò fino all’ultimo show con energia ed emozione. Sono stato un ragazzo molto, molto, fortunato, che ha avuto tante e tali gratificazioni dalla professione e dalla vita da poter serenamente decidere un giorno di dire grazie e arrivederci. Non ho più Olimpiadi da vincere. Visto il momentaccio passato (una neoplasia della vescica - ndr), ora mi interessa solo godere di ottima salute ed essere felice sul palco".
Quando giocava con la Nazionale Cantanti i difensori avversari la marcavano duramente perché tanto scarso non era. E nella musica?
"Ho vissuto un momento di grande passione per il calcio da ragazzo, ma ho preso in mano la chitarra e la mia vita è cambiata. Quando, però, da ragazzo salivo i gradini che portavano al campo provavo lo stesso crampo allo stomaco che provo oggi salendo quelli del palco. D’altronde se ne non fosse così sarei un mezzo extraterrestre".
Quindi, nessun rimpianto per il rifiuto di papà Nicola a mandarla a fare il corso avanzato di calcio a Coverciano per cui era stato selezionato all’età di quattordici anni.
"No. Papà aveva fatto due guerre e pensava, giustamente, che tredici mensilità fossero già un grande risultato nella vita".
Le cito Tozzi: come pittore sono una pippa. Perché ha così poca considerazione di sé stesso davanti alla tela?
"Perché ho iniziato a dipingere senza neppur saper fare una ‘o’ col bicchiere. Lo faccio per passione, perché è un mondo che non conoscevo e che mi isola dal resto come mi capita solo quando sto al pianoforte. Quindi una cosa mia verso la quale non ho aspettative particolari".
Il guerriero di carta igienica, la donna che stira cantando, gli operai licenziati dai robot. C’è un testo che oggi non ricanterebbe?
"In tutte le canzoni e i testi che interpreto sul palco mi riconosco completamente. Guerriero di carta igienica incluso. Ma ce ne sono un mare fuori dalla scaletta, soprattutto della stagione anni Ottanta, che non faccio e non reinciderei".