Mantova, 17 ottobre 2018 - Dati all mano, fa un po’ più fatica del previsto il tour di Ghali, al via domani sera con l’anteprima al PalaBam di Mantova, a compattare il popolo di “Habibi” e “Cara Italia”. Al momento, infatti, la data del 29 ottobre al Forum di Assago è l’unica già completamente sold-out in cartellone e questo lascia intendere che il mondo della trap aspetta di vederlo all’opera per prendere d’assalto i palasport, cosa non proprio difficile viste le qualità del fenomeno dai milioni di clic.
Chi l’ha seguito in estate sul palco dello svizzero OpenairFrauenfeld, il più grande festival europeo dell’hip-hop, sa che le qualità di performer sono fuori discussione. Il kolossal da arene con cui Ghali irrompe nella grande scena live è forse l’evento che sostanzia meglio il celebre verso di “Cara Italia”: «Oh eh oh, quando mi dicon “vai a casa!” / Oh eh oh, rispondo “sono già qua”». Già perché scavalcando tutta la filiera, il trapper di origini tunisine (il nome completo è Ghali Amdouni, classe 1993) è passato direttamente dalla pista di discoteche da cento persone al palco delle arene da dodicimila. Il suo primo e unico album (intitolato tautologicamente “Album”) ha venduto oltre 150mila copie, quanto l’ultimo di Jovanotti, che non a caso l’ha voluto ospite nella tappa conclusiva del suo tour nei palasport. «In un evento c’è musica, cultura e integrazione», spiega il ragazzo passato dai palazzi-dormitorio di Baggio, periferia Ovest di Milano, ai palazzetti dello sport di tutta Italia. «Non voglio star lì a glorificarmi, ma quando mai nella storia della musica italiana è accaduto che un figlio di immigrati, un ragazzo cresciuto da solo con mamma e un padre che non c’è, arrivasse dalla periferia a riempire il Forum fino all’ultimo posto?», si domanda. «Ho fatto la materna all’Eleonora Pimentel di via Russo, vicino a via Padova, poi mi sono trasferito a Baggio e ho finito lì l’ultimo anno. Nella mia scuola di “colorati” ce n’erano solo in quattro: un filippino, un sudamericano, io e una cinese. Non ho subìto, ma vedevo che c’era l’occhio diverso magari della ragazzina che preferiva giocare con gli italiani. Quando vedevo un’ingiustizia nulla mi consolava. Penso alla sensazione che prova un bimbo straniero a scuola oggi è diversa, perché adesso c’è Ghali; e anche se i molti bambini che mi seguono magari certe cose non le colgono, spero di avergli messo un seme in testa».
Lo spettacolo è ovviamente extra-large, carico di sorprese e di colpi di scena. «Uno show come questo me lo sognavo dalla prima volta che ho preso il microfono in mano», conferma lui. «Ci sono scenografie, suoni dal vivo con band e dj, visual d’impatto e filmati inediti della mia infanzia». Ghali è un progetto prima che un trapper. «Pure Stromae è partito dal rap, la dimostrazione che per funzionare non ti devi necessariamente omologare, ma puoi fare arte lavorando su te stesso, usandola come terapia. Quando l’ho visto al Forum, mi sono reso conto che non stavo assistendo ad un semplice concerto, ma un evento teatrale. Ad uno show urban-fantasy, surreale un po’ come il mio, che racconta il mondo di Ghali».