Mantova, 8 aprile 2018 - “Io e te che abbiamo occhi azzurri, veniamo da lì”, disse una sera Frank Sinatra a Bob Dylan indicando le stelle in cielo, “gli altri vagabondi arrivano da quaggiù”. E ancora oggi Mr. Tambourine ammette di pensare che il vecchio Ol’ Blue Eyes non avesse poi tutti i torti. Lo spettacolo con cui Dylan stasera al PalaBam di Mantova e domani agli Arcimboldi di Milano incrocia, infatti, le costellazioni di un universo letterario mostratosi capace di creare “nuove espressioni poetiche nell’ambito della grande tradizione della canzone americana”, tanto per rimanere alla motivazione del Nobel che due anni fa gli ha conferito lo status di gigante della letteratura.
Questo perché “le canzoni sono vive nella terra dei vivi”, come sottolineato nella “lecture” di ringraziamento inviata all’Accademia svedese. A 76 anni la vita dell’ “hobo” di Duluth è ancora su sei ruote. Quelle del bus che continua a portarlo ai quattro angoli del pianeta; era il giugno dell’88 quando dette il via al suo leggendario “Never Ending Tour” e da allora non è più sceso, mettendo in agenda un centinaio di esibizioni l’anno secondo un ruolino di marcia allentato per qualche mese solo nel ’97, quando una violenta infezione d’istoplasmosi lo ridusse così male da prepararlo “...ad incontrare Elvis” (parole sue). “Icona assoluta del Ventesimo secolo” per gli estimatori, “Oracolo di Delfi che legge il tg della sera” per i meno devoti, Robert Allen Zimmerman rimane un enigma che ogni concerto prova, inutilmente, a risolvere.
Affiancato dal fedele Tony Garnier al basso, da Charlie Sexton e Stu Kimball alla chitarra, da Don Herron alla pedal steel guitar e al violino e da George Receli alla batteria, Bob mantiene una ostinata indifferenza per il mondo che gli si affanna attorno. Abituato a rompere schemi e liturgie dissacrando innanzitutto se stesso, Dylan l’ultima canzone l’ha inserita in “Universal love” mini-album con sei potenziali “inni da matrimonio” dedicato alle coppie LGBTQ. Il cantautore americano (che nel 2014 ha visto la figlia Desirée, avuta dalla seconda moglie, la corista Carolyn Dennis, convolare a giuste nozze con la partner Kayla Sampson) ha trasformato “She’s funny that way”, un classico del songbook americano, in “He’s funny that way”, ma il pezzo non figura nel repertorio dello show, focalizzato sostanzialmente sugli anni Sessanta di “Highway 61 revisited” e “The freewheelin’ Bob Dylan” e sui Duemila di “Tempest”, “Modern times”, “Love and theft”, con pochissime eccezioni (un paio di incursioni tra i solchi di “Blood on the tracks” e di “Time out of mind”) e omaggi, a seconda delle urgenze e degli umori della serata, al Sinatra, Tony Bennet, Yves Montand. Niente che non compaia già nelle raccolte di cover date alle stampe da Bob in questi ultimi anni.